Livietta, della montagna reginetta, finché era stata a servizio dai conti Bindangoli, riscuoteva poco e mangiava meno. Era corteggiata, al pari d’altre cento, dal fornaio che tutte ufficialmente rifiutavano, chiamandolo giocosamente Sfilatino. Stante che magro non era, i loro buoni motivi li avranno senz’altro avuti. Fosse come fosse, per la giovane serva un pasto era assicurato. Sempre pancotto e panzanella ma bastevoli a governar la fame.
Caduti in disgrazia, i nobili assisiati la raccomandarono ai biscugini di Milano. Partita subito dopo san Francesco, fece ritorno per i Santi, già dissertando sul risòtt cont el zaffran, la cutelèta e l’òs büüs a la milanesa.
A suo dire non toccava ormai pane, né si fece più toccare dal fornaio.
Ripartì il giorno stesso dei morti e non si sarebbe rivista prima dell’Immacolata. Sfilatino, nel giorno di Sant’Ambrogio, la immaginò tra le braccia di Angelo Motta e Gioacchino Alemagna. Nessuna contadinella lo racconsolava più. Non Nannina dai Bartocci, Palmina dagli Offreducci, Faustina dai Cilleni.
Per le feste di Natale, si ripromise di attendere Livietta con un panettone, pur non sapendo quando e come.
Doveva riscattare se stesso, oltre l’orgoglio di una città che sembrava capace solo di pinocchiate dette e fatte.
Neri, il molinaro, mise a disposizione il fior di farina dell’anfiteatro.
Torretti, il sordino, fece omaggio dell’uva colta alla pergola e appesa in cantina ad asciugare.
Luciano, scopino siciliano, spazzò via tutti i canditi che aveva in casa e scolò le bottiglie del Marsala.
La sora Linda, negli Orfei, selezionò un paniere d’uova a doppio tuorlo, che solo lei vedeva senza aprire.
Il marito della pora Lina, detto littorina, essendo ferroviere alle Grandi Officine, fu fatto passare allo zuccherificio di Foligno. Giunto il giorno della solenne antivigilia, l’impasto venne più volte girato e altrettante lievitato. Era ancora nelle mani di Sfilatino quando Livietta gli si appalesò all’improvviso.
L’emozione fu tale che una vampa di calore pervase il corpo dell’uomo. La temperatura si alzo a tal punto da bruciare il panettone prima ancora d’esser messo in cottura. Tanta grazia di Dio non arrivò a veder Gesù Bambino.
Quel che il fornaio toccava pigliava fuoco, arse la bottega come fosse un forno. Seccò il lievito, seccò la fonte, seccò la foglia.
La donna, di fronte a tanto ardore, sciolse il nodo d’amore. E nozze furono, ma sol coi fichi secchi a gran corona.
Nella nostra terra, così, vinse l’antica tradizione, in barba a Babbo Natale e al panettone.