Quest’anno mio figlio ha concluso la scuola media, alla “Fiumi”, la stessa che io frequentai negli anni Settanta, poco dopo che era stata costruita. Allora fu protagonista di una proposta educativa unica in Italia.
Fu introdotto il tempo pieno, per la prima volta si frequentarono le ‘Libere Attività’, dove c’erano materie come Fotografia, Ceramica, Musica, Teatro, lo studio di due lingue straniere, la Lavorazione della Pietra. Tutto ciò in un ambiente che poneva grande risalto alla socializzazione dei ragazzi, alla integrazione dei più deboli e delle persone con problemi psichici e fisici.
Si leggevano i quotidiani in classe, e per alcuni che non li avevano mai visti in casa fu una vera folgorazione, si facevano grandi lavori di gruppo, gli artigiani della città venivano ad insegnare nella nostra scuola. Poi c’era anche un nuovo aspetto di importante democrazia, con l’attuazione dei decreti delegati del 1974, e quindi le prime assemblee, i rappresentanti di classe sia tra i genitori che tra gli alunni, molte mura erano abbattute, finalmente anche le famiglie potevano prendere la parola, partecipare con tutta la passione della prima volto, dai più istruiti ai più umili, egualmente considerati.
Fu un laboratorio per certi versi esaltante, con i suoi difetti, però indimenticabile. Forse fu data troppa priorità all’espressione delle nostre personalità e dei nostri caratteri a scapito delle nozioni e dei programmi, ma chi l’ha frequentata non dimenticherà mai i professori che ha avuto, la Professoressa Silvani, innamorata degli Etruschi e dell’Iliade, che ci portava a visitare i musei, Frondini, che ci trasformò tutti in attori nel film girato alla Rocca di Assisi, e ci fece rappresentare l’Iliade a teatro, il Professor Zubboli con la sua camera oscura, il Professor Ticchioni, che ci insegnò a suonare la chitarra, facendoci esibire davanti al pubblico. Queste cose per allora erano fantascienza, ci furono persino consigli comunali dedicati alla situazione nella scuola Media Fiumi.
Certamente poi, il nostro sguardo sul mondo fu condizionato da quella esperienza. Quel tipo si scuola fu anche un gioco bellissimo ed incredibile, andavamo a scuola felici.
Ora, dopo decenni, quella stessa scuola è molto cambiata. C’è una gestione che pare abbastanza aziendale, si è tornati a dare importanza al sapere nozionistico; il voto dato all’alunno è la rigida sintesi della media ottenuta tra gli orali e gli scritti, niente di più, niente di meno. Tranne alcune eccezioni, gli insegnanti svolgono il loro lavoro senza infamia né lode, con moltissimi compiti a casa, che inevitabilmente coinvolgono oltre che allo studente, i genitori, i nonni, e tutti i … familiari, poiché altrimenti sarebbe quasi impossibile per il ragazzo venirne fuori, c’è pochissimo tempo per assimilare quello che si spiega, si richiedono prestazioni, impegno e risultati quasi da Scuola Superiore. La competizione tra i ragazzi viene sospinta al massimo livello, ciascuno deve prendere un voto più alto dell’altro, non importa molto in che modo, ed in questo ‘gioco’ noi genitori in alcuni casi siamo molto peggio dei nostri figli.
La solidarietà, l’accoglienza, la gentilezza, l’aiuto e la disponibilità verso il più debole con bontà, senza furbizia, premiano poco, anzi rischiano di essere scambiati per inettitudine, inadeguatezza, mancanza di carattere.
Certo, questa è la mia personale impressione, può essere sbagliata e condizionata, qualcuno magari nella stessa scuola avrà avuto esperienze più positive.
Ma tre anni così, a volte possono diventare come l’attraversamento di una lunga notte, e non si vede l’ora che sia finita. Non è normale che si finisca la scuola e, così giovani, si abbia già solo la voglia di buttare via tutti i libri dove si è studiato, c’è qualcosa che non va.
Soprattutto se non si ha la fortuna di incontrare un insegnante capace di fare esistere nuovi mondi, che sa fare del sapere un oggetto del desiderio in grado di mettere in moto la vita e di allargarne l’orizzonte ed il senso. L’insegnamento non può accontentarsi di essere ridotto a trasmettere informazioni e competenze. Ogni ragazzo e ragazza deve essere coltivato con cura, e portato a risplendere nella sua singolare e irripetibile bellezza, con le sue incandescenze e i suoi ardori.
Perché i cattivi insegnanti, ma anche quelli mediocri, possono tagliare le ali ai nostri ragazzi, ma un buon insegnante, ’con un’ora di lezione, può cambiare la vita’, e farli diventare degli esseri meravigliosi.
E questo è anche un augurio che rivolgo alla amata scuola della mia giovinezza perduta.