03 Dicembre 2017

Trombe e Tamburini

Pier Maurizio Della Porta
Trombe e Tamburini

Fino a qualche tempo fa,  quando si udivano in Assisi  i  “tamburini”  provare  i loro ritmi e rulli, significava che l’inverno stava per finire e che la primavera si avvicinava e si stava avvicinando anche la festa cittadina più attesa dell’anno: il Calendimaggio. Si tratta di una cosa che fa parte dell’immaginario comune, un equivoco forse generato dai film americani sul Medioevo, girati negli anni Cinquanta e Sessanta, in cui si potevano vedere gruppi di tamburi militari cilindrici in gran numero e spesso chiarine, sottolineare momenti solenni del racconto filmico.
In Assisi e non solo in Assisi, questi suoni continueranno a significare Medioevo e Calendimaggio e questo, storicamente sbagliato o meno, non cambierà; ma poiché ormai gruppi di tamburi e trombe naturali o con pistoni, appartenenti a tutte le associazioni nate sulla scorta del Calendimaggio, sono chiamati dalle Amministrazioni a rappresentare la città e dare il benvenuto agli ospiti che vi arrivano in ogni stagione e occasione e il suono dei tamburi si può ascoltare tutto l’anno, forse è utile conoscere meglio la storia e l’uso di questi strumenti.
Che trombetti e tamburini fossero al servizio di regnanti, signori e magistrati comunali ci è noto non solo dalle testimonianze iconografiche, ma dai documenti d’archivio che testimoniano pagamenti e assunzioni di questi particolari musici e anche dagli statuti medioevali delle città che ne stabiliscono il “soldo”, i privilegi, ma talvolta si occupano addirittura delle loro vesti e ci dicono quando era previsto il loro intervento nella vita delle città.

 

Tra Medioevo e Rinascimento, per quanto riguarda i Comuni che occupavano il territorio attuale dell’Umbria erano previsti, in prevalenza, due trombetti, a volte 4; alcuni erano anche suonatori di “pifaro” e uno o due “naccarini”, ovvero suonatori dei piccoli timpani che l’Occidente aveva mutuato, come tanti altri strumenti musicali, dall’incontro con la civiltà araba. La loro presenza era richiesta ogni volta che si doveva dare particolare solennità a un evento, a un atto del signore o dei magistrati cittadini. Si trattava dunque, in base alle testimonianze documentarie, di un numero limitato di musici.
Questo uso di trombe e tamburi è testimoniato sin dall’antichità, un uso mantenutosi nel tempo: Marin Marsenne nel trattato Harmonie Universelle edito a Parigi dodici secoli più tardi (1636-7) scrive: <<Quanto all’uso delle trombe, servono in tempo di pace e di guerra e per tutti i tipi di solennità pubbliche come matrimoni, banchetti, tragedie e giostre, ma il loro uso principale è destinato alle guerre nelle quali la maggioranza delle azioni è caratterizzata da diversi suoni. >>

Le iconografie delle battaglie ci testimoniano visivamente quanto scritto nei trattati, rappresentando trombe naturali diritte o ritorte, galoubet e tamburi per scandire il ritmo di marcia, incutere il timore nel nemico o come presagio della vittoria celebrata.

Erano dunque strumenti “naturali” quelli usati nelle cerimonie pubbliche fino all’inizio del ‘600 e in organici abbastanza contenuti. Le “chiarine” che si vedono spesso suonare nelle feste di rievocazione d’epoca medioevale o barocca, rappresentano un falso poiché i pistoni e i cilindri sulle trombe comparvero molto più tardi.
Gli strumenti di cui ci occupiamo eseguivano squilli, melodie semplici, il cui ritmo veniva talvolta rinforzato e sottolineato dai tamburi.

Nel XV secolo cominciarono a comparire timpani più grandi dei naqqāra, utilizzati ormai da secoli nei complessi strumentali chiamati a rappresentare la magnificenza del potere; questi strumenti di grandi dimensioni erano montati a cavallo, anche essi venivano dalla tradizione orientale, ma i tedeschi ne furono grandi maestri costruttori e suonatori, erano usati <<nelle corti, per accompagnare le trombe militari…quando i principi si recano a tavola oppure quando entrano in piazza o ne escono, o quando vanno alla guerra…>> scrive Sebastian Virdug in un trattato pubblicato nel 1511.
La presenza delle trombe con i pennoni dipinti e i “naccarini”, da tempo stava a significare la presenza dell’autorità costituita nelle cerimonie pubbliche (o semipubbliche come matrimoni e feste delle oligarchie dominanti).
Altri tamburi erano usati nelle occasioni “pubbliche”, diffusi dai lanzichenecchi dal XV-XVI secolo, si tratta del tamburo cilindrico bipelle tenuto sul fianco e percosso con due bacchette, derivato probabilmente dal tamburo che veniva suonato con una bacchetta mentre l’altra mano suonava il flauto a tre fori, strumento, il galoubet, che viene ancora utilizzato in Provenza nelle feste  popolari.
Il tamburo militare o tambourin de Suisse  era utilizzato come scrive Virdug: <<per accompagnare i fiffari come fanno i fantaccini>>. Si tratta proprio del tipo di tamburi che vengono usati nelle rievocazioni di feste Medievali come il nostro Calendimaggio per il quale l’uso di questi strumenti sarebbe fuori tempo e fuori luogo. Naturalmente non voglio dire che da domani si dovranno bandire i tamburi che sono stati usati sino ad ora, ma se si vuole comunque proseguire nell’errore è più bello e soddisfacente farlo per una scelta consapevole. Devo anche confessare che l’articolo è stato ispirato dal fatto che i vari gruppi di tamburini vengono a fare le prove sotto casa mia …

Pier Maurizio Della Porta

Funzionario Archivista di Stato presso l'Archivio di Stato di Perugia, anche dopo il recente pensionamento continua ad amare occuparsi della gestione e dello studio di documenti che riguardano la storia di Assisi e del territorio.

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