Nel Vangelo di Matteo si legge che «alcuni Magi vennero da oriente» guidati da una stella alla grotta di Betlemme, in adorazione di Gesù bambino recando tre doni: oro, incenso e mirra.
L’etimo delle voci magio (fatto sul plurale magi) e mago è lo stesso: il latino magus, greco màgos, persiano magush. Oriente, infatti. I “nostri” magi, sacerdoti dell’antica religione persiana risalente al profeta Zarathustra, nella tradizione cristiana divennero esattamente tre, Melchiorre, Baldassarre e Gaspare, come tre erano i doni offerti.
Ma le celebrazioni che ricorrevano nelle prime comunità cristiane il dodicesimo giorno dopo il Natale (6 gennaio) si riferivano a tre manifestazioni di Gesù: quella della divinità ai gentili con la stella che orientò i Magi, quella ai Giudei con il battesimo nel Giordano, e infine quella ai discepoli con il miracolo delle nozze di Cana. Manifestazioni, quindi, cioè epiphàneia, dal verbo epiphànein ‘apparire (phànein)dall’alto (epì)’.
Delle tre manifestazioni qui ricordate, in Occidente ha prevalso la prima.
Dal greco, la voce epiphàneia entrò nel tardo latino, in cui però poteva essere diversamente accentata: epiphanìa o anche epiphània. Entrambe queste forme hanno avuto continuatori, e furono rese popolarmente in italiano come befanìa e befana (tecnicamente per sonorizzazione della consonante e afèresi della vocale iniziale): l’amabile brutta vecchietta, che a cavallo della sua scopa di saggina entra nelle case attraverso i comignoli e lascia calze colme di dolci appese ai camini, divenne la personificazione dell’Epifania.
Nel corso del tempo sulla Befana sono stati creati proverbi, filastrocche, diverse rappresentazioni e leggende. Come quella in cui si narra che i Magi, smarrita la strada, le chiesero la via ma la vecchietta rifiutò di aiutarli. Da lì, pentita del gesto, decise di rinnovare ogni anno il suo volo donando a tutti i bambini del mondo, memore di quel bambino di nome Gesù. Anche ad Assisi, come in altre località, il 6 gennaio è possibile vedere la vecchietta volante discendere da torri e campanili. Così, grazie all’opera dei vigili del fuoco e di associazioni locali, un temerario provvisto di imbracatura nascosta in abiti stracciati, con maschera, scialle e fazzoletto, si cala dall’alto appena fa buio, per poi distribuire doni a tutti i bambini. Anche lui, come la “vera” Befana, non fa distinzioni, non domanda di quale nazionalità sono.