La tradizione artistica del presepe è ancora oggi tra le più amate dagli Assisani, ricca com’è di implicazioni culturali e di costume che attingono alla storia personale e ai ricordi di ognuno di noi.
Sin dal lontano 1995 il “Colle del Paradiso”, davanti alla Basilica superiore di San Francesco, diventa un meraviglioso palcoscenico per il tradizionale Presepe ideato da mio marito Carlo Angeletti, assisano di eccellenza scomparso tre anni fa. Insieme a Padre Nicola Giandomenico decisero di allestire sul prato di fronte la chiesa, un presepe a grandezza naturale che potesse accogliere i tanti visitatori venuti per il Concerto di Natale. Carlo, con il suo fervore, si mise subito all’opera: trovò i manichini presso un convento dei Frati Cappuccini a Gualdo, coinvolse alcune persone della parrocchia di Santa Margherita e anche altri volenterosi e creò insieme a me un grande laboratorio dove c’era chi cuciva i costumi, chi invecchiava i visi dei manichini per renderli più arcaici e chi costruiva capanne e fontane. Padre
Nicola durante un suo viaggio a Betlemme riportò diversi tessuti palestinesi che servirono a rivestire i personaggi più preziosi come i Re Magi. Ricordo che una volta Carlo fece preparare una colonna sonora dall’amico Ezio Ranaldi, da accompagnare al presepe, che riproduceva tutti i suoni della campagna e i versi degli animali. Carlo, durante un’intervista, così dichiarava: “Questo presepe, osservato con la Basilica alle spalle ha uno sfondo meraviglioso da renderlo unico: in alto la Rocca medievale, in basso Porta San Giacomo circondata dalle tante case duecentesche. Durante la notte esso acquista un fascino magico e particolare; i personaggi con il soffio del vento che muove loro i mantelli esprimono un’intensità tale da farli sembrare veri e vivi.” Un presepe popolare ispirato alla semplicità che Carlo, con la passione che lo contraddistingueva, fece diventare una tradizione che dura da 23 anni e che la sua famiglia continua a rinnovare in sua memoria, insieme a tanti amici.
10 Assisi Mia
La mia passione per il presepe ha avuto un’altra occasione creativa: quello in stile napoletano, allestito in collaborazione con l’amico Moreno Roscini, che ha curato la scenografia, nella Sala del Palazzo del Capitano del Popolo in piazza del Comune, vuole rappresentare un intreccio di culture e di esperienze ricco di spunti ed è motivo di grande soddisfazione per il risultato ottenuto. Da un manichino alto circa 40 cm. di fil di ferro rivestito di stoppa, alle testine in terracotta policroma con occhi di vetro e arti in legno dipinto, è nato il mio interesse verso questa espressione d’arte di valore indiscusso. Ciò che da subito mi ha intrigato è stata la vestitura dei pastori da me fatta a mano e che ho cercato di eseguire in maniera filologica usando le preziose bordure in lamelle metalliche che orlano le gonne delle giovani donne e la carta di vecchi libri impiegata per dare rinforzo alle vesti. Per questa lavorazione ho inoltre utilizzato alcuni tessuti ricavati
da paramenti sacri smessi, sete di San Leucio, gemme e passamanerie preziose. Ricordo il mio tavolo da lavoro pieno di fili, stoffe, perle, bottoncini minuscoli e nastri, una confusione dentro la quale mi sentivo nello stesso tempo a mio agio e fuori da ogni luogo, presa com’ero a cucire, creare e ammirare il pastore finalmente vestito. Dal nostro amore per il presepio, sempre condiviso con Carlo, io e Moreno abbiamo omaggiato la taverna con la scritta Osteria del Tillo, il soprannome con il quale Carlo era chiamato.
Curiosità e passione hanno guidato sempre questo mio percorso: serberò nel cuore la prima volta che mi sono recata a Napoli insieme alla mia cara amica Giuseppina, lungo l’antica strada di San Gregorio Armeno dove le botteghe dei maestri presepiali si susseguono ai due lati della strada e la gioia che ancora mi prende quando mi trovo in quel luogo fantastico.