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Zelante ci raggiunge per il tramite del tardo latino zelus, che però proviene a sua volta dal greco ζῆλος (zelos) che si innesta su una radice zē– dal senso duplice: può infatti originare un significato positivo (‘emulazione, fervore’), ma anche negativo (‘invidia, gelosia’), ambedue riconducibili al verbo ζeῶ (zeo) che significa ‘bollo, ribollo, scroscio’. L’ambivalenza è giunta tutta intera fino a noi: zelante è infatti sia chi ‘con particolare sollecitudine, scrupolo ed entusiasmo si adopera per conseguire uno scopo’, ma anche ‘chi opera talvolta in maniera oltremodo eccessiva e, anche, servile’. Meraviglie delle parole: lo stesso ‘zelo’ può, a seconda della situazione, risultare lodevole od anche (magari perché esibito in presenza di “superiori”) da schivare come la peste bubbonica. O come il corona virus.
di Carla Gambacorta
Quel che è chiaro, è che il passo che porta all’eccesso è breve. Troppo. Interiorizzata la regola, per lo zelante nessun prezzo sarà troppo alto da pagare. Si dà senza riserve alla più fatua delle cause come alla più cruciale, col medesimo fervore garibaldino. Benché redarguito sin dall’infanzia dalla costante sassaiola dei compagni di scuola, non nutre incertezze riguardo alla propria missione civilizzatrice. Tutti abbiamo uno zelante come vicino, parente, collega, più raramente come amico. È colui che invoca quotidianamente l’intervento dei vigili, che lascia biglietti indignati sui cruscotti delle macchine, che affligge i giornali di lettere aperte. Anche in questo momento di semi collasso emotivo e sociale, Il Nostro non cede alle lusinghe dell’indifferenziata, si inchina ad ogni “severamente vietato” e lo ZTL rimane il suo vangelo. Decidere di uscire gli apre voragini di incertezze: l’acquisto della carta igienica può considerarsi determinato da stato di necessità? Lo zelante è una corda tesa tra l’incondizionata adesione ai precetti governativi e l’alterigia tipica dell’assisano di razza che si sente immune non solo dalle magagne comuni, ma anche da un virus vistosamente assassino. Del resto essere assisani è una fede e un destino e questo deragliamento dalle meticolose abitudini, pasciute per anni fino alla manìa, è al limite del tollerabile. Per questo, forse, gli zeloti nostrani appaiono così sottotono, meno guardinghi, scarsamente cavillosi. Controvoglia serrati in casa con guanti e mascherina, coltivano la loro amarezza e attendono tempi migliori.
di Valeria Molini
L’ascolto musicale
a cura di Dionisio Capuano
Hanno fatto un disco con soli ferri chirurgici. Sono tra le perle della sperimentazione del terzo millennio. Questa potrebbe andare per il Calendimaggio, il medioevo distopico sarebbe una novità.