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Quiete, che ha tra i suoi primi significati quello di ‘condizione di serenità interiore dovuta alla capacità di dominare le emozioni, di controllare le ambizioni, di contenere le passioni’, deriva piuttosto banalmente dal latino quietem, da cui i derivati – ben pertinenti alla nostra attuale condizione – inquietum, inquietare e il tardo inquietudinem. Meno banale è inseguire la radice protoariana (dunque antichissima) Ki o Kai, con il significato di “sedere”, “riposarsi”, “dormire”, ma anche “abitare”, “dimorare”. Questa radice nel latino si insedia con le forme qui (appunto in quiete, ma anche in tranquillo) e più spesso ci (da cui civico, domicilio, e un luogo quieto quant’altri mai: cimitero).
di Carla Gambacorta
La quiete tenderebbe dunque a identificarsi con la calma, se non fosse più elegante stilisticamente e fors’anche più spirituale, quasi avesse il potere di meglio insinuarsi nel nostro intimo e segretamente colonizzarlo. Basterebbe già questo a spiegarne il largo abuso nel riferimento ad Assisi: da parte di pellegrini e turisti carichi di aspettative precotte – che la città si fa peraltro un dovere di non deludere –, compiaciuti di celebrare quella stessa quiete che stanno allegramente devastando; ma anche da giornalisti e scrittori pigramente imbottiti di luoghi comuni. Abuso per eccesso, sia chiaro, non per improprietà, perché anche nel fine settimana più traboccante basta divincolarsi dall’incrocio di strade turistiche per affogarci dentro, in questa quiete di cui molti assisani memori di una città con artigiani al lavoro, bambini chiassosi, panni stesi alle finestre e scuole affollate, farebbero volentieri a meno (e non senza imbarazzanti contraddizioni). Il passo è breve verso il paradosso della quarantena collettiva in corso, che sta proponendo agli abitanti di tante città italiane il vuoto sconcertante di strade e piazze altrimenti stracolme, e che invece fa somigliare Assisi semplicemente a sé stessa in un qualunque giorno di febbraio. Strade vuote, poco traffico, negozi chiusi tranne le farmacie. Ce ne sarebbe di che riflettere approfittando, appunto, della quiete. Che non viene solo dopo la tempesta: a volte la precede.
di Francesco Lampone
L’ascolto musicale
a cura di Dionisio Capuano
Quiet life – Japan [Quiet Life, 1979]
Fu vera gloria. Da non confondere questo acerbo ma perfetto mix di seduzione e distopia di David Sylvian con coeve amenità electro-pop. Attenti, arriva la vita tranquilla.