08 Aprile 2020

Paura

Francesco Lampone
Paura

Inauguriamo oggi un’iniziativa che Assisi Mia, benché negli anni non abbia mancato di audacia, non aveva mai intrapreso finora: una rubrica. Il titolo è ripreso da una trasmissione di Radiotre, che come molte altre cose belle è stata soppressa parecchio tempo fa. L’idea è di scegliere, ogni volta, una parola che ci sembra in sintonia con il momento presente. Ne esploreremo l’etimologia, che come ciascuno sa può riservarci sorprese sconcertanti, e ne ricaveremo qualche suggestione.


Vedi alla voce:   paura

Paura affonda le sue radici nel latino tardo, nel quale la più antica versione pavorem si è trasformata in pavuram, e di qui nell’italiano paura. Si tratta di un fenomeno non inconsueto, che vede delle parole modificarsi per la forza di attrazione che altre forme occasionalmente più forti esercitano su di esse. Nel nostro caso, è accaduto che l’esistenza e la frequenza nel lessico di un gran numero di parole terminanti in ura (come scriptura, ad esempio) ha indotto il cambiamento. Se però inseguiamo le radici più a fondo ci interesserà scoprire che pavorem deriva dal verbo paveo (ossia pat-veo) che oltre a significare “io temo” esprime anche “io sono percosso”, “io sono abbattuto”, da cui un cugino inatteso: pavimento (di terra battuta, si sottintende).  Slittamenti suggestivi.  Non meno stimolanti sono però alcuni suoi derivati: spavaldo, pavido, spauracchio, spaventoso.

di Carla Gambacorta

La paura, lo si sa, è un sentimento generalmente disprezzato, e perciò sottovalutato. È un peccato, perché parecchi antropologi (per lasciar stare le scienze della psiche) si affannano inutilmente a dirci il contrario. Un bel bagno di razionalità e qualche infiocchettamento bastano a trasformarla nella più presentabile prudenza, ma si fa presto a scivolare nell’incontrollabile estremo opposto, il panico. Ci pare difficile negare come, in queste settimane, la coscienza collettiva e, in modo più variegato e contraddittorio, quelle individuali, siano dominate dalla paura, quella generata dal COVID19. Rimettiamo invece al temperamento di ognuno dei lettori decidere quale sfumatura di essa, nella vasta tavolozza che va appunto dalla prudenza al panico, stia colorando il nostro presente. Ci basterà qui ricordare come per gli abitanti di Assisi (perché per fortuna le paure collettive sono rare, e rarissime quelle che investono un’intera comunità) il paragone più prossimo sia quello con il terremoto del 1997. Ci sarebbe molto da dire, ma questa rubrica si pretende breve, e non può tradirsi al suo esordio. Chi c’era ed era nell’età della ragione ricorderà una partizione evidente fra chi allora temeva per la vita e chi invece temeva per il patrimonio; i più sfortunati (o sensibili), in egual misura per ambedue. Lo scemare delle scosse telluriche indebolì, senza esaurirle, le schiere dei primi, ed ingrossò a dismisura quelle dei secondi. Come andrà stavolta? Forse lo scopriremo alla prossima parola. Vedi alla voce…

di Francesco Lampone

L’ascolto musicale
a cura di Dionisio Capuano

Fear – Pete Hammill, Roger Eno [The Appointed Hour, 1999]
Musica e paura sono un binomio vincente. Con l’imbarazzo delle citazioni. Il leader dei Van Der Graaf Generator e il fratello di Brian, la congelano e scompongono in acuta consapevolezza.

Francesco Lampone

Lavora come responsabile dell’Area Legale e Relazioni Internazionali dell’Università per Stranieri di Perugia. Si occupa occasionalmente, per passione, della storia di Assisi. Ha pubblicato per le edizioni Assisi Mia, in collaborazione con Maria Luisa Pacelli, il volume: Assisi: un viaggio letterario, dove si esplora l’identità cittadina attraverso lo sguardo di cento visitatori illustri.

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