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Ottimismo è, in italiano, una parola di (relativamente) recente importazione, derivata dal francese optimisme. Dapprima riferito a una dottrina filosofica, è passato poi a indicare una comune inclinazione morale, ossia quella a giudicare in modo favorevole lo stato della realtà o il divenire degli eventi. Deriva comunque dal latino optimum, a sua volta legato – diventa interessante da notare – al sostantivo opem che significa “ricchezza, abbondanza, possibilità”: da qui i latini indicavano come optimates gli aristocratici. Un invito a immaginare – o ottimisticamente sperare – che essere ottimisti possa denotare una provvista di maggiori risorse non già economiche ma, oggi più che mai, intellettuali e di fantasia.
di Carla Gambacorta
Vero è che in questi giorni l’ottimismo si fa fatica a schivarlo, anche a volerlo. E perché poi si dovrebbe? Quello davvero inevitabile è l’ottimismo istituzionale – e dunque misurato, ragionato, di lungo corso – , esercizio noiosetto ma obbligato in tempo di guerra (al virus), pena l’infamia del disfattismo. Ma esiste anche un ottimismo popolare condiviso ai balconi e alle finestre, fatto di “Andrà tutto bene!” e di bandiere tricolori, che infastidisce alcuni e commuove i più, perché si capisce che è un ottimismo della volontà (di gramsciana memoria), complemento e riequilibrio del terribile pessimismo della ragione. Più cauto e discreto l’ottimismo trascendentale di chi crede, e magari anche sa, che lassù c’è qualcuno che non ci abbandonerà, ma purtroppo non ha informazioni più precise. Intanto i pessimisti, che da che mondo è mondo si reputano realisti, aspettano il loro momento sperando in cuor loro – ma non lo ammetteranno – che non arrivi mai. E gli assisani? Ottimisti o pessimisti? Forse solo fatalisti, avvezzi a scrutare impotenti l’afflusso dei torpedoni di turisti e pellegrini all’orizzonte come i loro antenati, braccianti, mezzadri o padroni ancora più chiusi e sospettosi dei loro pronipoti, scrutavano i movimenti delle nubi e l’approssimarsi della pioggia dopo l’estenuante siccità, magari verso il “buco del diavolo” tra Brufa e Torgiano. Ora che c’è in gioco la salute, il bene supremo, qualcuno ricorda un detto non meno apocrifo, ingenuo e zoppicante che, in definitiva, rassicurante: “Assisi avrà guai, ma non perirà mai”. Ovviamente presumendo – ma è certamente così – che si estenda agli abitanti.
di Francesco Lampone
L’ascolto musicale
a cura di Dionisio Capuano
The Optimist – Sandy Danny [The North Star Grassman and the Ravens, 1971]
L’album della cantante dei Fairport Convention è una pietra miliare del folk rock inglese, e l’ottimismo del testo della canzone è una scommessa sull’amore. Ma non è sempre così?