Per evangelica memoria, in quei giorni Cesare Augusto ordinò un censimento, obbligando tutte le genti a raggiungere il proprio villaggio d’origine. Giuseppe mosse dalla Galilea verso Betlemme insieme a Maria, ormai al termine della gravidanza. Ma la divina verità non sempre è fedele al vero secolare. I censimenti venivano fatti soltanto per motivi fiscali e militari; tutti si recavano dal censore locale e mai nessun imperatore impose di tornare nei luoghi di provenienza. Ben altra fu la ragione del lungo viaggio, puntualmente sottaciuta dagli antichi lecchini e dalle moderne televisioni. La legge finanziaria, varata da un governo romano senza tempo, sostenne il bilancio dell’impero con nuovi tagli alla sanità e chiusure dei punti nascita che non risparmiarono la piccola Nazareth. Il nuovo testamento suggellò gli accadimenti fugando ogni dubbio: “Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non v’era posto nell’alloggio” (Luca 2,7), ovvero, non c’erano letti liberi in ospedale. Il divino pargoletto, secondo il vangelo apocrifo dello “Pseudo Matteo”, venne partorito in una grotta e dopo tre giorni fu deposto da Maria nella mangiatoia di una stalla. Ergo, allo scoccare della mezzanotte santa, il miracolo del Natale trovò solo extra moenia l’annunciato compimento. All’istante, il presepe della vita si animò di pazienti in cammino; recavano doni agli specialisti, non più a Gesù bambino. Ecco svelato il mistero dell’Avvento, tempo dell’infinita attesa. Oggi come allora, i pastori, provati dalle transumanze, attendono una risonanza alle meniscopatie; gli zampognari, ex fumatori, attendono una spirometria per non spirare; le lavandaie, con le mani sempre a mollo, attendono una cura per l’artrite; i pescatori, in balia delle onde e della vertigine, attendono una manovra per riposizionare gli otoliti. Stanti le lunghe file ovunque, i malcapitati sono stati divisi in liste, con la promessa della vita eterna a render lieve un’eterna attesa.