“Dio mi sta bene, e anche la patria e la famiglia; ma il trilogismo Dio-Patria-Famiglia non mi sta più bene. Dico no a quel dio usato come cemento nazionale, a quella patria spesso usata per distruggere altre patrie, a quella famiglia chiusa nel proprio egoismo di sangue.
Non mi riconosco tra quei cittadini ligi e osservanti che vanno in chiesa senza fede, che esaltano la famiglia senza amore, che osannano alla patria senza senso civico”.
Ho condiviso questa riflessione su Facebook, attribuita a Margherita Hack. Qualcuno ha rilevato che è di Adriana Zarri, ho fatto verifiche e Sergio Paronetto, vicepresidente di Pax Christi, scrive che è di Adriana Zarri.
Teologa, eremita, monaca, ebbi il privilegio di conoscerla una trentina di anni fa a casa sua, nella campagna intorno a Ivrea, dove eravamo andati insieme a Claudio Carli (che avrebbe poi dipinto la sua cappellina) e Paolo Marcucci.
Una mente rivoluzionaria e pacifica, una donna dotata di grande saggezza e dolcezza.
La riflessione citata in apertura, pronunciata almeno 20 anni fa, è un insegnamento: Dio-Patria-Famiglia rischiano di diventare il triangolo della discriminazione.
Vi è un’ansia di “appartenenza” nella nostra società, fomentata da visioni primatiste e assolutiste. La retorica sulla protezione dei confini, la perorazione delle tradizioni culturali e religiose, il mito della nazione non sono altro che medicine scadute, usate quindi senza efficacia contro il declino della società occidentale. Detto molto sinteticamente e – perdonate! – semplicisticamente: il declino della società occidentale è determinato dalla corsa spregiudicata al denaro e al successo individuale.
Le identità forti, quelle di cui abbiamo bisogno, si fondano su valori costruttivi e inclusivi: il dialogo, quindi l’ascolto, la conoscenza dell’altro e di conseguenza l’accettazione piena della diversità. Da sempre esistono società multietniche, da sempre ogni angolo del mondo è costantemente modificato dalle migrazioni.
L’obiettivo deve essere un nuovo personalismo comunitario, che prescinda totalmente dalle distinzioni di genere, razza, religione e censo fondato sulla persona che si riconosce in un “noi” il più possibile espanso. Non si appartiene a un gruppo: si è persona fondamentale di un gruppo che ha il piacere della condivisione.
Alcuni giorni fa un amico mi ha ricordato un fatto che avevo dimenticato: il Consiglio comunale di Assisi si apre con la diffusione di tre inni, quello di Assisi, quello di Mameli e la Nona di Beethoven (assurta a inno dell’Europa).
Sarebbe opportuno farne a meno, sì, fare a meno di tutti e tre. Che bisogno c’è di raccontare al mondo, con questi tre inni, che siamo assisani, italiani ed europei? Qual è il messaggio?
Noi siamo soprattutto fratelli di Francesco: pellegrino del mondo e dispensatore di fratellanza universale. Se proprio si sente il bisogno di un momento rituale con il quale iniziare il Consiglio comunale, si reciti una strofa del Cantico delle Creature: quella sì che racconta bene l’amore universale e l’armonia del mondo. Quelli sì che esprimono lo spirito di Assisi.