02 Marzo 2021

Non è un paese per pedoni

Giācomo Büzzâø
Non è un paese per pedoni

Località: Renaiola. Sabato pomeriggio: ore sedici. Gradi 18.

Le prime timide apine sulla lavanda. Addirittura qualche farfalla sui fiori celesti del rosmarino.
Una primavera non calendarizzata, in piena zona rossa costringe gli Assisani all’aria aperta. In questo ultimo anno sono molti ad aver riscoperto il piacere terapeutico del camminare. Una buona abitudine che si spera sostituisca l’egemonia dei tapis-roulant nei fabbricati-consuma-suolo cresciuti come funghi nella zona industriale della Piana.
Lego Pulce, fedele compagna, ed esco per una corsetta direzione Assisi centro storico.
Come me, tanti altri in equilibrio precario tra “l’greppo” e il ciglio della carreggiata, su questa strada – SR-147 Via Assisana/Via San Potente – esercitano il diritto universale all’attività fisica, col pericolo dietro ad ogni curva di diventare un calco sul cruscotto di un conducente su WhatsApp.
Corre lo stesso rischio chi fa il percorso parallelo ma a latitudini più basse – Via Francesca -.
Come tanti altri tra Rivotorto e Torchiagina: “non è un paese per pedoni”, ho pensato.
Il territorio è disegnato per la dittatura dell’automobile. È stato così per gli ultimi quaranta anni, ed è giusto invertire la rotta, adesso. Subito. Stanno cambiando le abitudini e ci sono le possibilità tecnologiche per re-immaginare radicalmente la mobilità: con una bici elettrica, Elia, un caro amico, impiega 15 minuti per arrivare in Piazza del Comune dalla stazione di Santa Maria degli Angeli. Pensare di spostarsi in questo modo, fino ad un paio di anni fa, sembrava ridicolo. Oggi si incontrano sempre più cyber-ciclisti invece. E per fortuna, dico io. Mancano soltanto gli spazi per farlo in sicurezza. “Te paresse poco”.
È paradossale che attività così rigeneranti e salutari, come passeggiare e pedalare debbano essere allo stesso tempo estremamente rischiose. Lo sono in particolar modo per quella parte di comunità che vive aldilà delle “Colonne di Ercole” – territori dimenticati in cui non è garantito al cittadino di uscire dalla porta di casa e camminare in tranquillità. Assenza di marciapiede, strisce pedonali, illuminazione, e un buon 90% di possibilità di essere preso sotto per uscire a sgrullare la tovaglia. Questi territori, ahinoi, sono la maggioranza e sono spazi sottratti alla cittadinanza. Siamo cresciuti dando per scontato che fosse necessario scomodare le quattro ruote – a combustione o elettriche, poco cambia. Niente scuse. -, anziché i due arti inferiori, molto più efficienti ed economici tra l’altro, per fare anche solo 150 metri. Penso alle Case Nove: tutto rigorosamente in macchina, come gli Unni col Cavallo. “Ma ce credo, fino a pochi anni fa non c’era manco ‘l marciapiede”.
Arrivo a San Potente: la chiesa è un checkpoint per i Violani che raggiungono il primo marciapiede dopo circa 2km (2021, Assisi, Italia. Neanche il marciapiede, oh).
È anche il punto oltre al quale gli Assisani del centro storico non si spingono: fanno dietrofront e sui loro passi rientrano verso le mura, sulla stessa strisciolina di marciapiede spalmata d’escremento canino.
Mentre corro incontro famiglie con passeggini, bambini in bici a rotelle, anziani spinti da badanti anche loro su rotelle. Tutti stipati sul metro scarso di spazio pedonale mentre SUV immensi viaggiano scarichi: l’equazione è sempre più un’auto = una persona. Ma d’altronde sono loro i padroni dello spazio urbano, è giusto così. Mi imbestialisco, e immagino quanto sarebbe bello avere due metri in più. Quanta socialità, quanta più gente passeggerebbe, quanta più qualità della vita.

Continuo la corsa. Arrivo in centro storico. Distanziati e mascherati, in tenuta sportiva, un centinaio di concittadini fanno esercizio tenendosi stretti alle pareti. Non sia mai occupino lo spazio di proprietà delle scatole di latta puzzolenti. Che sono ovunque. Sfreccianti o parcheggiate. Un centro fantasma, si dice di circa 400 residenti (perché non si sa con certezza, ripeto, NON si sa. Sapete quanto prende un dirigente comunale per non sapere quanti abitanti ci siano nel centro storico?) con migliaia di auto infilzate in ogni angolo. Piazze-vicoli-edicole. “Ma che ce farete con tutte ‘ste machine.” Meno macchine = meno dipendenza economica = meno assicurazione-bollo-rate-revisione-manutenzione-carburante = meno lavoro = più tempo libero. Poi penso che anche i miei ne hanno tre. Mi do un pugno sul mento per svenire e placare il dolore. Fallisco nell’intento e continuo a correre. Scendo a San Francesco. Breve pausa di contemplazione interrotta da un SUV che mi scoreggia in faccia un po’ di particolato. Riparto
Via Portica si conferma un autodromo, esattamente come facevano notare alcuni commercianti: mi faccio una bella boccata di anidride carbonica risalendola di corsa. Torno verso casa. Ho finito il tempo ma soprattutto le bestemmie: questo sole caldo che ci ha regalato la crisi climatica, sta per tramontare ed ho già maledetto ogni macchina che è passata: si, sono in pole position per diventare un nuovo matto della città di quelli che sbraitano e fanno il dito ai passanti. Però, davvero, mi devo sbrigare. Non c’è speranza per un abitante della Renaiola di rientrare sulle proprie gambe, tutto intero, dopo le tenebre. Mi sbrigo. Si dice che alcuni tratti di Via Assisana siano prediletti dagli astronomi perché tra i più bui del pianeta.
Sono a casa. Ce l’ho fatta indenne anche questa volta. Grazie Nonna che dici la corona sintonizzata su non so quale canale in diretta da Lourdes. Fare una corsa dalle Viole fino ad Assisi è una faticata. Emotiva, più che fisica. C’è bisogno di un cambiamento radicale e i motivi sono tanti. Parliamone seriamente qui in basso.

Facciamo i seri: perché è importante pensare di pedonalizzare il territorio. Per noi e per i Turisti. Quelli di qualità che vi piacciono tanto in particolare.

Premetto: so già che allo stato attuale è difficile privarsi dell’auto per l’assenza di servizi in prossimità e che alcune fasce d’età sono così malmesse da essere obbligate ad utilizzarla per fare spostamenti minimi – e questo accade anche a causa dello stile di vita imposto dal comfort della modernità: ho visto novantenni in Bolivia portare carichi di decine di kg su sentieri di montagna con l’agilità di un trentenne -, ma bisogna garantire a tutti e tutte la possibilità di scegliere di non averne una. Lo dicevo già qui  https://www.assisimia.it/2020/05/24/3-riflessioni-per-il-futuro/
Il punto è un altro. Si tratta di costituire un’alternativa per chi non vuole o non può utilizzare un’auto. C’è un bisogno ed è manifesto. Vogliamo camminare, vogliamo pedalare. Lo vogliamo noi, come lo vuole il tanto acclamato turismo di qualità – le famiglie danesi e olandesi col cash, per capirci.
La supremazia delle auto deve cessare. Su tutto il territorio comunale deve essere garantito il diritto di camminare e deve essere il pedone ad avere la priorità. È una questione di civiltà.
In tutto il mondo, in questo contesto di pandemia globale, si stanno ripensando i modelli di città. Flussi di residenti si spostano dai grandi centri metropolitani verso i capoluoghi di provincia, le aree interne, e i territori marginali come Assisi. Si parla di prossimità, del quartiere dei 15 minuti di distanza. Di favorire la mobilità dolce. Paradossalmente, questo ad Assisi è una tematica che ad oggi vale 0. Hanno la priorità le buche, i parcheggi e la piscina.

Frega a qualcuno di come cambierà nei prossimi anni la nostra città? Abbiamo dei progetti? Tralasciando la scandalosa vicenda delle concessioni del parcheggio di Piazza Matteotti che meriterebbe un approfondimento a parte, quale possibile soluzione immaginiamo per le tonnellate di ferraccio – senza offesa per chi ha bisogno di ostentare il proprio ceto sociale parcheggiando il Porche in piazza – che imbruttiscono, asfissiano e occupano lo spazio vitale dei cittadini e dei turisti del centro storico? Come verrà connesso, in termini di mobilità sostenibile, l’intero territorio comunale? Saranno garantiti spazi pedonali e ciclabili per raggiungere il Bosco di San Francesco da Campiglione-Petrignano-Viole? Sarà possibile per un lavoratore delle Case Nove raggiungere il luogo di lavoro a Rivotorto in bici elettrica in sicurezza, notte e giorno?
Tuttavia, l’atrofico dibattito pubblico cittadino in materia di mobilità sembra cambiato nell’ultimo anno. È molto polarizzato e si spacca tra chi parcheggerebbe fin sopra all’altare della Basilica di San Francesco e chi come me, detonerebbe tutte le auto in una sola grande esplosione notturna. Però qualcosa sembra muoversi ed è il momento di discuterne insieme.
Stefania Proietti è molto sensibile alla tematica sostenibilità e nonostante un terremoto ed una disrupzione epocale, sembrava fosse davvero intenzionata a fare di Assisi una capitale dell’Ecologia. Quello che le viene contestato dai cittadini è la mancanza di una progettualità ed una strategia in questa direzione. Ma è la strada da percorrere. Da lei ci si aspetta che si vada oltre la comunicazione ed il “greenwashing” che la politica nazionale ci sta riservando, tra super ministero e altre supercazzole.
Quale è il suo programma in merito per le prossime elezioni?
Ed il candidato del centro destra Cosimetti? Che progetto tecno-soluzionista propone per rendere fruibile il territorio a – attenzione, segue elenco stile Salviniano – corridori, camminatori, pellegrini, ciclisti, accompagnatori di cani?

Eppure basterebbe davvero poco. Siamo fortunati. Viviamo in un paradiso verde. Costruiamo spazi pedonali invece che lottizzazioni. È il momento di pretendere e di non abbassare la testa. Cambiare la mobilità significa aumentare la qualità della vita dei cittadini. E dopo un anno così ce lo meritiamo!

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