In un passato non tanto lontano, per il genere femminile un’esistenza non coronata dal matrimonio era considerata un fallimento. La parola zitella cominciò ad assumere connotazioni negative, e le donne non sposate potevano suscitare scherno e compassione. Il matrimonio era l’aspirazione di quasi tutte le ragazze e la donna che restava sola, senza un uomo e senza un’indipendenza economica, era quasi un peso per se stessa e per gli altri. Le occupazioni cui per lo più era addetta erano la cura dei bambini e degli anziani della famiglia, le faccende domestiche, o fare la dama di compagnia di qualche signora di alto rango. Altre donne non sposate si mantenevano da sole attraverso il mestiere di ricamatrice, che avevano appreso frequentando i diversi conventi di Assisi, come le suore Stimmatine che insegnavano – oltre che il ricamo – anche l’arte del telaio e della tessitura a jacquard, le monache nere del Laboratorio San Francesco per il ricamo in bianco del corredo e per il Punto Assisi o Francescano, ed infine le suore di Santa Rosa e San Giuseppe per il rammendo. Lavori che permettevano di contribuire al bilancio familiare e guadagnarsi un minimo di indipendenza. Ricamare il corredo era un lavoro raffinato e di precisione: il lenzuolo con tutta la parure per la prima notte di nozze, decorato con ricami a rilievo con motivi di grappoli d’uva, simbolo di fecondità, oppure paffuti angioletti o scene bucoliche. Si lavorava su lino bello e di qualità, bianco su bianco, il candore imperava. Dodici di tutto: dodici asciugamani, lenzuola e federe, tovaglie e tovaglioli… Spettava alla ricamatrice valorizzare quel corredo così essenziale alle ragazze per arrivare con le carte in regola al matrimonio. Il loro, di corredo: al proprio, la ricamatrice aveva rinunciato da un pezzo.
Brevi note etimologiche a cura di Carla Gambacorta
Zitella è il diminutivo di zita (da cita/citta, a sua volta da citto ‘piccolo’, di origine infantile), con il suffisso –ellus declinato al femminile, che in latino si affiancò a –ulus, e poi nelle lingue romanze prese il sopravvento sull’altro. In origine zitella significava ‘ragazza in età da marito, giovane sposa, vergine’, ma nel corso del tempo ha assunto più che altro l’accezione, spregiativa o talvolta ironica, di ‘donna nubile attempata’. In antico si oscillava tra le forme zitella e zittella, quest’ultima preferita dai toscani.
Suggerimento musicale a cura di Massimiliano Dragoni
La zitella, in campo musicale, è una delle tematiche tipiche della Commedia dell’Arte e della proto-commedia, dalle Villanelle cinquecentesche alle opere del XVIII secolo. Una maschera presente nelle opere, nei canovacci, così come la Vecchia, che tiene lontana la figlia dall’uomo che l’ama.
Ascolto: Amiche non credite alle zitelle, da “Le trame per amore” – Giovanni Paisiello