28 Ottobre 2020

Vetro

Lucio Rossi
Vetro

Tutti sanno che la tradizione della lavorazione del vetro, materiale duttile quanto pochi altri durante la lavorazione benché proverbialmente fragile al termine di essa, ci ha regalato risultati spettacolari nelle vetrate delle chiese di Assisi.
Inoltre almeno un nome assisano, quello di Giovanni di Bonino, cui è dedicata una modesta viuzza cittadina, ha lasciato il segno nella storia trecentesca di quest’arte antica e delicata, in quanto ha contribuito in modo importante alle vetrate del Duomo di Orvieto.
Al netto di questi capolavori, l’arte del vetro era allora certamente già praticata ad Assisi, ed ha seguitato ad esserlo senza grandi scossoni, ma anche senza ignorare questi esempi. La tecnica del vetraio ha richiesto, per lungo tempo, sapiente dimestichezza con la pasta di vetro neutra o colorata, ma anche con il maneggio del piombo nel quale esso veniva fissato.  Dal vetraio, la sua arte esigeva allora ancor più di ora attenzione, precisione, cautela, delicatezza in grado quasi eroico.
C’è voluto parecchio tempo prima il vetraio potesse trovare in commercio lastre di produzione industriale, con grisaglie e colori dati sulla superficie del vetro poi passato in forno a circa 500 gradi, diventando sempre più un tagliatore e assemblatore e sempre meno un artigiano a parte intera. Nel dopoguerra, la tradizione assisana del vetro deriva dalla bottega di ferramenta di Damiani, da una cui costola ha avuto origine l’ultima bottega vetraia, che per molti decenni ha rinverdito, parallelamente all’ordinario lavoro di vetreria per l’edilizia, la tradizione delle vetrate d’arte, molte delle quali ornano ancora orgogliosamente di sé porte e finestre in giro per Assisi.


Brevi note etimologiche a cura di Carla Gambacorta

Vetro proviene dal latino vitrum di cui in realtà non si conosce l’origine, ma che si riteneva essere tratto dalla radice vid- (di videre) nel senso di qualcosa ‘che fa vedere, è trasparente’. Alcuni derivati, presenti in italiano, erano già del latino (come vitrarium ‘vetraio’, vitrinum ‘vetrino’, vitrosum ‘vetroso’), mentre altri si devono al modello del francese come, ad esempio, nel XIX secolo vetrina da vitrine.

Suggerimento musicale a cura di Massimiliano Dragoni

Il vetro, nella musica, rappresenta spesso la sete e la vista, i colori e la quantità.  Da “verre” nelle canzoni francesi d’osteria, al vetro dei bicchieri d’osteria all’italiana.

Ascolto: L’Avvelenata – Francesco Guccini [Via Paolo Fabbri 43 – 1976]

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