Il Calendimaggio in Assisi è felice intuizione, un potente antidoto alla narrazione dominante della città. Una giovane creatura, orfana di consapevole memoria. Contesa tra quanti la vogliono all’altare e i tanti al marciapiede. Sarà buon partito chi oserà un rituale corteggiamento e brillerà per la sua assenza.
A pena di precipitare nel folclore, la festa esige estranea ogni contingenza. Può avere legittimità di valore identitario solo in virtù di un rituale metastorico. Meschino è chi crede di consegnarsi a buona memoria con segno di sé nel rito, va incontro a certo errore già pensando di poterlo migliorare.
Unicamente una solida comunità è capace di abbandonarsi alla prassi, farsi felice ostaggio di ossessive cadenze e regole ordinatrici. Palesa fragilità chi relega all’indifferenza sospendere il tempo ordinario per tre o quattro giorni, il 30 aprile o un anonimo mercoledì.
L’insipienza in quinta essenza è madre poi dell’Unto in costume e di un Calendimaggio Open (2017), semantico eco al Palio Open (2016) del Michele santo a la Bastia.
Siamo oltre il folclore, con la compiacenza di chi nomina e finanzia, ignari che i portati demologici non sono tali per intrinseca essenza, ma per capacità di distinguersi dai modelli coevi, attraverso una preservata ritualità.
Beata ignoranza si prodigò anche nel miracolo di dar vista alle Scene, disconoscendo la sacralità della clausura. La riproposizione digitale non genera emozioni. La narrazione del non veduto, invece, alimenta la fantasia collettiva, tratto intimo del sodalizio di Maggio. Una illuminata consorteria dovrebbe allontanare chi non prova vergogna nel mercificare il patrimonio immateriale.
Siano maledetti!
“Chi ha di queste voglie non troverà più moglie, o, sempre stando al rito, non prenderà marito”.
note etimologiche di Carla Gambacorta
Rituale, voce dotta dal latino ritualem, derivato da ritum, entra nella lingua italiana solo nel Seicento. Usciamo perciò dal Medioevo, e in questo caso per ricordare che una delle prime attestazioni scritte di rituale come aggettivo, e col significato di ‘giorno di un calendario religioso’, si deve a un noto medico di Assisi, Giuseppe degli Aromatari (1587-1660), che scrive: «Il giorno rituale ebraico cominciava la sera alla calata del sole».
L’ascolto musicale
a cura di Pier Maurizio Della Porta
Alle psallite cum luya
Interpretato da David Munrow e Early Music Consort (1976)