Tempus donum Dei…
Il tempo appartiene a Dio a cui il cristiano si volge. Col passare degli anni è divenuto proprietà dell’uomo, che si è sempre misurato con esso. Le horae canonicae dei monaci erano ritmate dagli uffici religiosi e dalle campane che li annunciavano. Il ritmo del lavoro nei campi era scandito dai cicli della natura. Poi il tempo divenne rigoroso poiché la nuova società esigeva una misurazione più esatta del lavoro (e del guadagno): nacque l’orologio. Ora non si può più perdere tempo. Nihil pretiosus tempore.. E lo sappiamo bene ad Assisi quanto sia prezioso il tempo nel Calendimaggio, lungo il filo che si dipana dal lento inverno trascorso a ideare storie per le scene e i cortei fino al tripudio della primavera. Si lavora in falegnameria alle nuove scenografie. Con la cartapesta si rivestono armature di ferro per le macchine sceniche che sfileranno in Piazza. Le donne in sartoria tagliano e cuciono nuovi costumi, tingono tessuti, dipingono tappetoni e arazzi, nel mentre si riordinano i costumi. Intanto il tempo avanza. Ci si affretta alla ricostruzione nei vicoli di taverne, ambienti, laboratori artigianali. C’è chi trasporta tavole, chi le taglia, chi martella e chi costruisce fino a notte inoltrata e nessuno sente più la fatica. Il tempo è sospeso come in un sogno. Intanto i rioni si risvegliano dal sonno invernale, risuonano canti, scherzi e risa. Tutti sono presi, oltre che dal lavoro, anche da un unico pensiero: fare meglio per vincere il Palio. Il tempo ha ripreso a trascorrere inesorabilmente e la frenesia, l’ansia prende tutti. Si ha paura che esso non sia più sufficiente per completare le ultime rifiniture. Tutti guardano l’orologio. Ma ora il tempo è finito!Il “campanone” chiama per entrare in Piazza.
È tempo di Calendimaggio… o no?
note etimologiche di Carla Gambacorta
Tempo arriva a noi direttamente dal neutro latino tempus, voce di incerta origine e fatta risalire alla nozione di calore (legata all’atmosfera), o a quella di estensione (cioè di durata), oppure a quella di separazione (quindi sezione). Al di là della controversa derivazione, la voce ha assunto vari significati (‘successione di momenti, opportunità, ritmo, arco temporale’, ecc.), incluso in italiano quello – che non aveva in latino – di tempo meteorologico, lodato con la consueta raffinata semplicità da s. Francesco: «Laudato si’, mi’ Signore, per frate vento / e per aere nubilo e sereno et onne tempo».
L’ascolto musicale
a cura di Giulia Testi
O tempo bonor – Ensemble Micrologus