La notte per i poeti è velo e chimera, per i malinconici è abbaglio e parvenza, per gli antichi greci era la divinità ispiratrice delle muse. Poi ci sono le notti di calendimaggio che sono tutto questo e anche di più, a meno che non siano vissute per caso o di passaggio. Ma chi ad Assisi c’è nato e non custodisce, di quelle notti, almeno un ricordo memorabile, o soffre di amnesie o è un animale a sangue freddo cui hanno infilato un camauro a tradimento. Tutti gli altri, anche i cinici e i disillusi, sanno di cosa è capace una città che si trasforma per un rito collettivo. Il gioco può trasformarsi in battaglia feroce, imbarazzante col senno di poi, del tutto legittima al momento. Perché tutti gli elementi si mescolino e le singole volontà diventino una, perché si creda, non è detto che sia vero, di essere parte, ogni volta, di un atto performativo e irripetibile, è necessario però che il sole tramonti. La notte è la sostanza catalizzatrice, la pietra filosofale che tramuta anche le materie vili in oro. Ma non basta la retorica della luce della fiaccola perché il processo alchemico riesca, né aiuta il ramingare del palio, esibito per ogni dove. La mancanza di pudore e l’individualismo incapace di mutarsi in un noi, potrebbero non giovare alla festa: se l’Es pulsionale e personale straccia i confini del sacro, neanche la notte delle calende potrà fare granché. Quest’anno però un morbo, forse troppe volte profetizzato nelle scene di parte, è arrivato davvero: il miracolo di maggio non ha funzionato, di notte si dorme e l’unico gioco permesso è quello dell’uva. L’Es, turbato, si sfoga sul web in un’escalation surreale. Quest’anno, agli assisani, dovranno farsi bastare la nostalgia e l’attesa e chissà che da tanto silenzio non risorga un po’ di poesia.
note etimologiche di Carla Gambacorta
Notte, dal latino noctem, è voce di origine indoeuropea, la cui radice (comune a numerose lingue) è stata variamente spiegata: in riferimento al nero, all’assenza, al sonno. Ma le suggestioni legate a elementi magici e ad ambienti ostili e minacciosi sono state da sempre favorite dall’oscurità delle tenebre. E così la provenienza di notte in antico è stata anche messa in relazione con qualcosa di dannoso; al riguardo, ecco l’etimologia proposta da Isidoro di Siviglia: «Nox a nocendo dicta, eo quod oculis noceat», nociva cioè per gli occhi. Ma la notte è anche semplicemente silenzio: «Or che ’l ciel e la terra e ’1 vento tace, / e le fere e gli augelli il sonno affrena, / notte il carro stellato in giro mena» (Petrarca).
L’ascolto musicale
a cura di Pier Maurizio Della Porta
QUANDO CALA LA NOTTE
Enea Sorini, Corina Marti (live in Bournazel)