22 Aprile 2020

Maschera

Carla Gambacorta
Maschera


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Maschera, come accade spesso, presenta un’etimologia incerta. Ha forse un’origine preromana, o forse deriva da masca, documentato nel latino medievale mascam, sinonimo di ‘strega’, nel longobardo editto di Rotari del 643, e vivo ancora oggi in alcune zone dell’Italia settentrionale, come ad esempio il Piemonte. Nel corso del tempo maschera ha assunto diversi significati, anche figurati, da ‘volto finto fatto di cartapesta o altro materiale’ ad ‘avere un atteggiamento ipocrita’, da ‘tipo fisso della Commedia dell’arte’ a maschera di protezione, subacquea, cosmetica, e molti altri, tutti esprimenti un concetto di camuffamento, di dissimulazione, di mascheramento appunto. Una curiosità: lo stesso mascàra, usato per colorare le ciglia, viene dall’inglese che a sua volta, spostando l’accento, l’ha tratto dalla variante italiana non fiorentina di maschera (màscara).

Certo è che fino a circa due mesi fa la legge italiana avrebbe sanzionato chiunque avesse solo tentato di mostrarsi in luogo pubblico con il volto coperto, con qualcosa che alterasse i lineamenti del viso (a parte le costose e abusate sostanze iniettabili sottopelle), e che rendesse quindi oscuro il riconoscimento del soggetto, come una maschera, un casco integrale, il velo imposto da alcune religioni, o anche quel passamontagna molto diffuso un tempo, e poi divenuto simbolo del terrorismo anni Settanta e oggi equipaggiamento delle forze speciali. Ora, nel giro di poche settimane, tutto è cambiato: fino a data da destinarsi sembriamo più o meno obbligati a uscire, se non con la maschera, almeno col suo diminutivo, la mascherina, che non ci rende immediatamente riconoscibili, pur se solo a un metro di distanza l’uno dall’altro. Per indossare invece costumi medievali, camauri, singolari acconciature, cuffie e vestiario del genere dovremo aspettare il prossimo anno, a ben sperare. Infatti, da noi, ad Assisi, il tempo del “mascheramento” lecito, o meglio della festa in costume, sarebbe stato imminente, anche se non si tratta di una “mascherata”, ovvio. E la differenza non è solo terminologica. Se è vero infatti che ci si maschera a Carnevale, e che in un certo senso similmente si fa durante il Calendimaggio, cioè ci si “maschera” da gente del Medioevo, è ancora più vero che usare questo termine ad Assisi non è corretto. Infatti, se un non assisano chiedesse a un abitante, magari partaiolo, – Che fai?, ti mascheri in primavera? –, riceverebbe senz’altro uno stringato – ma vaffa… –, del tutto chiarificatore e per nulla camuffato. Non ci si maschera per il Calendimaggio: rigorosamente, ci si “veste”, e chi non lo capisce farebbe meglio a lasciar stare.

L’ascolto musicale
a cura di Dionisio Capuano

The Blue Mask – Lou Reed [The Blue Mask, 1982]
In continua trasformazione, colori nuovi per una vecchia maschera. Le chitarre, una per canale, incendiano tutto e illuminano l’anima dietro.

Carla Gambacorta

Professore aggregato di Filologia italiana (SSD: L-FIL-LET/13) all’Università per Stranieri di Perugia.

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