L’assunto di ‘Tempo di seconda mano’, del premio Nobel Svjatlana Aleksievič, è che in oltre settant’anni di vita l’URSS non avrà forse realizzato il socialismo, ma sicuramente ha originato un tipo umano, l’homo sovieticus, antropologicamente assimilabile dalla Bierolussia alla Kamčatka. L’assunto di queste poche righe è che in quasi settant’anni anche il Calendimaggio (coi suoi molti appassionati sostenitori, i fieri detrattori e le sottovalutate schiere di indifferenti), abbia originato un tipo umano: l’uomo – e donna, certo – di Calendimaggio, antropologicamente identici dal crocicchio a Porta Cappuccini. Dribblando la spinosa questione se la festa abbia fallito o realizzato la propria missione, qui si vuole andare più lontano affermando che l’homo partaiolus non avrebbe potuto insediarsi, prosperare e moltiplicarsi senza un presupposto decisivo: un habitat favorevole. Le indagini scientifiche condotte nei decenni lo confermano: il Calendimaggio non è un prodotto da esportazione, per vederlo appassire basta farlo uscire, anche per poco, dalla cinta muraria. E quante volte si è visto l’homo partaiolus porsi al servizio di cause forestiere, anche degne, per poi tornare all’ovile con la coda tra le gambe, inappagato dai successi procurati? Spiegare questo straordinario fenomeno esigerebbe un abbecedario più capiente, e comunque è prudente attendere l’esito dell’inedito esperimento in corso: quali mutazioni provocherà nella specie il Calendimaggio che non c’è? Per i risultati dei tamponi ci vorrà un anno, più o meno.
note etimologiche di Carla Gambacorta
Habitat, come traspare dalla grafia, è voce latina, e precisamente è la terza persona singolare del presente di habitare (propriamente ‘avere spesso’), verbo frequentativo – vale a dire uno di quelli che esprimono un’azione abituale – di habere ‘avere, possedere’. L’habitat, termine specifico della biologia, diffusosi in questa forma in inglese prima e in francese poi, è entrato in italiano ai primi del ’900 e indica, in senso allargato, un ambiente adatto, confacente, congeniale. Da parte sua l’italiano abitare ha dato vita a numerosi derivati, tra cui alcuni ormai usciti dall’uso, come abitaggio ‘luogo abitato’ e abitanza ‘abitazione’, che leggiamo, ad esempio, in Boccaccio: «Disse allora la giovane: – E come ci sono abitanze presso da potere albergare? –. A cui il buono uomo rispose: – Non ci sono in luogo niun sì presso, che tu di giorno vi potessi andare».
L’ascolto musicale
a cura di Pier Maurizio Della Porta
Le Chant des oiseaux
Clément Janequin (1485-1558),
Chanson, Ensemble Clemen Janequin