“Ci sono due peccati capitali dell’uomo, da cui derivano tutti gli altri: impazienza ed inerzia. A causa dell’impazienza sono stati cacciati dal paradiso, a causa dell’inerzia non vi tornano. Forse però c’è solo un peccato capitale: l’impazienza. A causa dell’impazienza sono stati cacciati, a causa dell’impazienza non tornano”.
Aforismi di Zurau. Franz Kafka.
Il ceramista deve essere paziente, per questo non esiste più. Un mestiere antico praticato ad Assisi fin nel novecento, oggi è ormai un ricordo. L’uomo nella vita non fa nulla di memorabile, però ha fretta di concludere. Il desiderio di concludere rappresenta la massima stupidità dell’uomo. Il ceramista è lento, i gesti precisi ripetitivi, quasi ossessivi nel cercare il cambiamento tra il prima e il dopo.
Il fuoco brucia e cambia tutto. Come l’amore che brucia nel fuoco i suoi gioielli più rari, il coccio brucia e diviene altro, più bello, lucido e prezioso. Poi, se non si rompe, viene prima mostrato in bella vista; poi, come tutto, accantonato in un angolo.
“In coro con me cantate:
Sapere, nulla sappiamo.
Arcano, il mare da cui veniamo.
Ignoto il mare in cui finiremo.
Posto tra i due misteri
È il grave enigma: tre
Casse che chiuse una perduta chiave.
La luce nulla illumina,
Il sapiente nulla insegna.
La parola dice qualcosa?
L’acqua, alla pietra, dice qualcosa?”
Antonio Machado
Brevi note etimologiche a cura di Carla Gambacorta
Coccio è probabilmente da avvicinare a coccia, che risale al latino cochleam ‘guscio’ (o meglio alla forma di tardo latino coccia), che nel corso del tempo ha dato origine a numerosi derivati, composti, locuzioni e proverbi. Essenzialmente indica un ‘oggetto di terracotta ordinaria, frammento di vaso, rottame’ e in senso figurato ‘persona di salute cagionevole, malaticcia’, anche se, come recita un proverbio toscano, talvolta «dura più un coccio fesso [cioè ‘incrinato’], che un coccio sano».
Suggerimento musicale a cura di Massimiliano Dragoni
Le feste popolari raccontano fasi lo scorrere del tempo, delle stagioni, delle ritualità. Tra i riti profani più vivi nelle feste e nelle rievocazioni, in particolare in centro Italia, troviamo il gioco della Filumè: “Chi sbaglia beve,…chi beve …beve sempre di più”.
Ascolto: Filumè
Anonimo. Esecuzione: Sonidumbra – gruppo per la ricerca musicale e della tradizione orale dell’Umbria.ium