24 Novembre 2024

La trappola

Alessio Mariucci
La trappola

Anche le elezioni regionali sono passate, dopo una delle campagne elettorali più brevi e focalizzate che si ricordi. Scorrendo i riscontri degli scrutinii, divisi per i seggi elettorali dei vari comuni, risulta come una riserva di voti contenuta in valore assoluto ma preziosa ai fini del risultato finale giunga per la neo presidente Stefania Proietti dalla miriade di paesini disseminati nel preappennino umbro e le frazioni di montagna. Sono una costellazione di realtà amministrative in tutta l’Umbria, che rientrano a buon nome in quell’Italia “interna”, marginalizzata, spopolata e abbandonata dalle pur minime forme di sviluppo che ha potuto apprezzare il resto della Regione. Uno dei parametri che nella Strategia delle Aree Interne di Fabrizio Barca definiva tali realtà era l’accessibilità, ossia il tempo e il modo di essere raggiunte, una lettura della distanza dai primi servizi di prossimità che modulava quella geografica in relazione a orografia e stato delle vie di comunicazione.

È emblematico pensare che mentre l’attività di promozione della sua candidatura interessava zone con queste caratteristiche, proprio a cavallo del ponte dei morti, la sua prosperosa Assisi soffrisse dei medesimi problemi di raggiungibilità, causati da un dissesto non di carattere naturale ma del tutto antropico, dato degli eccezionali flussi di visitatori richiamati da tempo clemente, una promozione inesausta e incidenza religiosa. Disagi che hanno investito ovviamente non solo la componente turistica ma soprattutto quella dei residenti e di chi a Assisi viene a lavorare per soddisfare quella domanda.

 

Il fenomeno è stato tutto fuorché inaspettato e sulla scorta delle esperienze dei recenti ponti e della stagione estiva in generale esso si colloca ormai al di fuori dello stato di eccezionalità, per definire una situazione che con i prossimi anni non può che andare a costituire una nuova normalità, almeno per una metà dei giorni dell’anno.

Le sterili polemiche sulla mancanza di gestione del fenomeno dal mero punto di vista del binomio traffico & sosta, pezzo forte della lamentela a caldo, non coglie il fuoco del problema e va a colpire un ambito in cui effettivamente contromisure sono state prese. L’entità dei flussi cui è sottoposta la città assisana in questi giorni vanno evidentemente ben oltre la soglia di carico fisica delle sue infrastrutture e la mancanza di strategie proattive e di lungo periodo non possono che al limite spostare problema e disagi a valle[1].  È Il famoso allargamento delle esternalità negative al di fuori del cuore della risorsa, che va ben oltre quello dei benefici sul suo sfruttamento, i quali rimangono concentrati sia spazialmente che in termini di percettori delle remunerazioni turistiche.

 

Quelli che la popolazione assisana si trovano a fronteggiare sono i frutti avvelenati dell’assenza di una idea di città che non sia lasciata agli umori del mercato. La totale e voluta mancanza di politiche di controllo del fenomeno che prima di tutto si curino di limitare l’accesso turistico agli spazi residenziali al cuore della città storica ha conseguenze oltre che sull’aspetto sociale, che è prioritario per chi scrive, anche sulla riduzione della disponibilità di alloggi per gli stessi lavoratori del comparto ricettivo della città storica. Questo incrementa da una parte il traffico stesso e dall’altra la percezione del problema perché a soffrirne gli effetti sono componenti della comunità locale, i lavoratori stessi.  Un fenomeno di pendolarismo che è storicamente figlio di un assetto territoriale che per motivi di salute e igiene andava a separare i tempi e gli spazi di vita dei lavoratori dagli stabilimenti industriali insalubri e che oggi si trova replicato anche in chi lavora in zone che ricordiamo essere residenziali per genesi quanto per destinazione urbanistica. Ma che trova oggi inaccessibili per esiguità della proposta ma anche per incompatibilità reddituale.

 

Al netto dell’immediata riduzione della disponibilità di sistemazioni, sono ormai diversi i report e le pubblicazioni scientifiche che correlano chiaramente l’innalzamento degli indici immobiliari alla diffusione della ricettività turistica a breve termine[2]. Ed è altrettanto lampante la natura impoverente costituita dallo sviluppo turistico, il quale al netto degli effetti puntuali di integrazione del reddito cela lavoro nero e bassi livelli salariali, scarsissima innovazione e valore aggiunto, rilevanti impatti in termini di inquinamento e rifiuti per non citare quelli afferenti gli aspetti sociali. Si genera così una cesura tra chi può scegliere di abitare le ZTL e a chi rimane solo di andarsene. Una riduzione della mixité sociale che non si ritrova neanche nella società medievale ma con un ritorno della rilevanza della rendita del tutto analogo.

 

L’atteggiamento di chi approcciando il problema lo pone nel naturale e prestabilito quanto fatalista “andamento delle cose”, oltre che essere deleterio perché nega a prescindere la possibilità di azioni concrete e con esso assolve le passate abulie e incompetenze, è connotabile come il negazionismo di chi attribuisce piene e alluvioni a fantomatici fossi ingombri e tombini tappati. Una indolenza che forse è figlia di un inconsapevole meccanismo psicologico difensivo contro qualcosa di talmente minaccioso da non voler comprendere ma che è ben documentata da dati ben precisi. E che ci dicono che gli ecosistemi sociali siano da sempre molto più fragili di quelli naturali.

Non è il momento della rassegnazione, tanto per gli uni quanto per gli altri.

 

[1] File chilometriche per l’accesso non solo alla città murata ma anche all’espansione residenziale dalle frazioni, parcheggio selvaggio che ha interessato, una volta pieni parcheggi e le aree aggiuntive disposte, molte zone di S.M. degli Angeli.

[2] Si cita come ultimo la nota di lavoro 38/2024 dell’Istituto Regionale per la Programmazione Economica della Toscana.

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