Che Assisi viva del suo passato, è un fatto.
Economicamente è una voce sempre più decisiva, benché sovrastimata (molti assisani vivono di tutt’altro). Identitariamente è la rassicurante coperta di Linus cui tutti si aggrappano, di fronte a un presente deludente e a un futuro temuto. Sono già motivi sufficienti per prendersi almeno cura delle sue testimonianze materiali, ed infatti è ciò che ormai più o meno accade, con una tendenza alla messa in scena tutto sommato sobria rispetto ai disinvolti sconfinamenti che si vedono altrove, soprattutto fuori Italia. È bene ed è molto, ma non è davvero abbastanza.
Che Assisi conosca il suo passato, è invece una presunzione infondata.
Proviamo a ragionare su due piani distinti. Il primo investe quella larga maggioranza di popolazione che rivolge alla storia del proprio luogo di nascita o residenza un’attenzione affettuosa ma anche, per degne e condivisibili ragioni, distratta e occasionale. Il secondo piano investe invece quella stretta minoranza che, per ruolo istituzionale o professionale, o magari per personale inclinazione, dispone dei mezzi materiali e culturali indispensabili per indagare e mettere a sistema la storia locale. Un po’ brutalmente si potrebbe dire che i primi strutturano la domanda, e i secondi l’offerta (benché le cose siano più complicate), e l’esperienza della rivista AssisiMia, che esiste ormai da un trentennio – su basi di puro volontariato – occupandosi cospicuamente di storia cittadina, è un buon osservatorio per apprezzare la consistenza di ambedue le voci: domanda e offerta.
Si dirà subito che la domanda è robusta e senza flessioni. Talmente solida da generare legittima preoccupazione in coloro (e Carlo Cianetti, Direttore e socio fondatore di AssisiMia è in prima fila fra questi) che si dolgono della (relativa) facilità con cui si riesce a suscitare attenzione su fatti morti e sepolti da qualche secolo, rispetto al disinteresse galoppante per i temi dell’attualità sociale e politica. Ciò che corrisponderebbe bene al carattere profondo di una collettività più incline (e non da ora) a subire che ad agire o meglio, come si è avuto già modo di scrivere su AssisiMia, di una città cui le cose accadono, ma che non le fa accadere.
Quanto all’offerta il discorso si fa un po’ più ampio. Il tentativo più ambizioso di una storia generale del territorio assisano risale al terzo quarto del XIX secolo, con il “Delle Storie di Assisi” di Antonio Cristofani Ad esso ha fatto seguito il poderoso lavoro intellettuale e istituzionale del podestà Fortini, che ha fondato una mistica medievale della città che ancora impregna il tessuto sociale. Al gigantismo (molto) tardoromantico di queste due figure non ha fatto però seguito, come sarebbe stato legittimo attendersi, un riassestamento generale su basi storiografiche moderne. Senza svalutare perciò lo straordinario lavoro di tutti coloro (professionali o eruditi) che su singoli soggetti o limitate fasi storiche hanno prodotto e tutt’ora producono impeccabili lavori di documentazione e analisi critica, non è azzardato affermare che nell’immaginario collettivo la storia assisana resta ancorata a Cristofani e Fortini, con tutti i non pochi inconvenienti del caso. Ed è appena il caso di ricordare che intrattenere una (più o meno) distorta percezione del proprio passato non aiuta una collettività né a vivere correttamente il proprio presente, né a progettare utilmente il proprio futuro.
Il problema, benché di per sé non rimediabile per via d’autorità, non può però restare indefinitamente fuori dell’orizzonte del potere politico cittadino. È infatti straordinariamente lamentabile che in una città storica come Assisi, che dispone di un importante patrimonio immobiliare inutilizzato o sottoutilizzato ed è in grado di mobilitare risorse economiche proprie o esterne, a tutt’oggi non sia stato realizzato un Museo della città e del territorio. Molte città hanno questo, e ne traggono grande beneficio. Nulla di più e nulla di meno di un luogo in cui costruire e raccontare, alla cittadinanza e a milioni di turisti di passaggio, la storia di Assisi: una storia tanto più “vera” e completa perché più lunga e diversa di quella di Francesco e del francescanesimo, perché racconterebbe di pagani e cristiani, di conflitti e riconciliazioni, di sconfitte e di successi, di arte e bellezza come di industria e agricoltura, di donne e uomini che si riconoscono in un modo di essere e sentire. Un buon modo anche per trovare e valorizzare il denominatore comune tra le tante collettività territoriali che troppo scompostamente compongono (ma non strutturano) la cittadinanza comunale. Un contenitore per ospitare iniziative, mobilitare giovani intelletti locali, finanziare progetti degni e utili.
Infine e soprattutto: un bell’investimento a profitto di tutti nella cultura, migliore di tanti altri che ci passano dispendiosamente sotto il naso.