Gino Bulla all’anagrafe era Gesuino. È uno dei casi in cui il nome ha potere performativo, ovvero di predestinazione, poiché Gino è stato prima di tutto un rigoroso devoto a Gesù Cristo.
Fotografo e giornalista, ma anche sportivo di livello.
Orgogliosamente barbaricino, è entrato in Pro-Civitate come volontario all’inizio degli anni Sessanta, dopo avere abbandonato il lavoro in banca.
Gino lo conoscevano quasi tutti nel territorio: non solo ad Assisi, ma anche nei comuni limitrofi.
Uomo curioso e colto, animato da un autentico interesse per quello che succedeva accanto a sé. E aveva la capacità di partecipare, di essere presente a molte iniziative di carattere sociale e culturale, ma sempre in punta di piedi, con assoluto rispetto del contesto.
Ha insegnato fotografia a molte generazioni: era un conoscitore profondo non soltanto della tecnica, ma anche del linguaggio, della storia e della forma fotografica.
In questa intervista, realizzata lo scorso maggio per il documentario “Assisi nel 900, le arti visive”, prodotto dal Comune di Assisi per la regia di Carlo Cianetti e le riprese di Alessandro Pratelli, Gino racconta di sé, di Assisi ma soprattutto del suo grande amore, la fotografia appunto.