15 Luglio 2020

Assisi, urbs o civitas?

Francesco Berni
Assisi, urbs o civitas?
Panoramic view of the ancient town of Assisi at the sunset , Umbria, Italy

La città storica di Assisi è al contempo la più grande ricchezza che abbiamo e il nostro tallone di Achille. Un grande impegno collettivo è stato speso per mantenerla, conservarla e restaurarla.
Eppure passeggiando tra le case in pietra rosa, nelle vie perfettamente lustrate del centro, ci si chiede dove siano finiti gli abitanti. 
Forse abbiamo difeso la ‘forma’ dimenticando la ‘sostanza’ oppure parliamo di una naturale decadenza della città storica da accettare senza nostalgia?
Si tratta di una questione profonda che implica delle scelte strategiche da concretizzare all’interno di uno strumento come il piano regolatore generale. Giovanni Astengo nel suo celebre piano urbanistico, parte da grandi domande come questa, prima di disegnare il futuro di Assisi.

Ma possiamo veramente immaginare una urbs senza civitas?

Il tema per essere analizzato necessita di un cambio di prospettiva che travalichi le mura trecentesche della città. Da una visuale allargata, il territorio Assisano si presenta diviso in tre ambiti geografici a se stanti con diverse velocità. Il monte Subasio, arioso e dimenticato. La piana, vivace e connessa. Nel mezzo rimane quello che fu il cuore pulsante di tutto il sistema territoriale: Assisi.
La città storica è preda di un’inesorabile declino stretta tra una costante emorragia abitativa e una crescente desertificazione di negozi ‘essenziali’.
Assisi sembra ormai in un circolo vizioso, dove la perdita di servizi e di abitanti sono l’una conseguenza dell’altra. La direzione è la mono-funzionalità di una città sfruttata solo a fini turistici.
Probabilmente siamo di fronte ad una transizione definitiva verso una città ‘contenitore’ in cui la disponibilità di alloggi è sottratta a potenziali residenti. Una causa è da ricercare nella deregolamentazione degli affitti a breve termine e alla difficoltà di acquisto degli immobili dettata dall’alto valore delle rendite. 
Inutile negarlo, queste condizioni complicano ulteriormente qualsiasi strategia di rilancio della città.
E pensare che molti turisti rimangono incantati dal paesaggio urbano di Assisi ammirando i luoghi di Francesco. Nel frattempo però, la città che lo ha generato si sta estinguendo.Come ci ricorda Le Goff, Francesco non nasce come un albero nel deserto ma è frutto dell’Italia comunale che rinasce con la lotta tra classi, l’ascesa dei laici e il progresso economico e monetario.
Ma soprattutto Francesco vive in una città animata, fatta di incontri, scambi e scontri. Era Assisi.

Come dovremmo comportarci di fronte a tutto questo?

Pur non esistendo risposte pronte all’uso, possiamo tentare di approcciare la questione agendo secondo una strategia incrementale capace di mettere insieme tre dimensioni principali: spazio, società e regola.
Semplificando, potremmo adottare un approccio ‘leggero’ alla trasformazione, procedendo per piccoli passi, con interventi spaziali mirati.
Parliamo di ‘innesti funzionali’ da concentrare su fabbricati sotto-utilizzati e in disuso dentro le mura della nostra città. Questi ‘vuoti’ possono essere trasformati o potenziati con spazi dedicati al lavoro, funzioni pregiate e nuove forme di abitare. Si tratta di tentativi sperimentati anche in altre città[1] e definiti spesso come interventi di ‘agopuntura urbana‘.
La logica è quella di concentrare la ‘cura’ in alcuni punti precisi della città, come nella omonima pratica medica, al fine di generare effetti benefici in tutto l’organismo urbano.
La scelta degli ‘innesti’ deve coniugare alcuni condizioni di partenza come la possibilità concreta di intervenire lavorando su immobili in disuso e la presenza di un contesto capace di far ‘attecchire’ le iniziative progettuali. In questo senso è fondamentale la presenza di un tessuto sociale per favorire un’efficace atterraggio dei futuri interventi di trasformazione.
In una città come Assisi è necessario ripartire dalle realtà civiche, produttive e culturali del territorio nel suo complesso riportando la città storica al ‘centro’ attraverso un palinsesto di iniziative culturali minute utili a riattivare gli spazi di futura trasformazione.
La strada da percorrere per preparare il terreno agli ‘innesti’ è passare dal grande evento fine a sé stesso, in favore di iniziative radicate alla scala di quartiere per ricostruire una quotidianità d’uso della città.
Un altro aspetto fondamentale è accompagnare questo processo socio-spaziale con un sistema di incentivi finalizzati ad attrarre servizi qualificati e residenti attraverso norme e leve fiscali, capaci, al contempo, di limitare alcuni fenomeni distorsivi. Si pensi al caso citato degli affitti a breve termine, tema su cui stanno intervenendo molte città europee[2].   
Come Francesco, nel suo ruolo di riparatore della Chiesa, prima in senso spaziale e poi sostanziale, sono necessari interventi di ricostruzione immateriale della città che possono concretizzarsi con azioni pilota capaci di rafforzare il tessuto sociale esistente e dimostrare la percorribilità o meno di certe soluzioni spaziali. Forse è il caso di tentare.


[1]          In Italia sono state sviluppate molte esperienze di recupero di immobili in disuso anche a seguito della crisi economica del 2008 con iniziative civiche ed istituzionali per far fronte alla moltiplicazione di spazi degradati. Tra le numerose esperienze citiamo il caso recente di San Sepolcro con ‘Casermarcheologica‘ e il consolidato progetto di Lecce con la ‘Manifattura Knos’. Per quanto riguarda strategie di rilancio del centro storico fondate su interventi di agopuntura urbana si segnala il progetto Hope del Comune di Empoli in corso di realizzazione.

[2]          Recentemente la città di Amsterdam ha adottato misure per governare gli affitti a breve termine legate a piattaforme come Airbnb seguendo l’esempio di Barcellona, Parigi e Berlino.

            Riferimento: https://www.lastampa.it/viaggi/mondo/2020/07/05/news/amsterdam-mette-al-bando-airbnb-e-gli-affitti-ai-turisti-in-tre-quartieri-del-centro-1.39049945?fbclid=IwAR27LuTu_L3kLkAxt8Wx34EDv-wK56FRdE3C5dKFDARpokxuTuDuCGKZnLk

Francesco Berni

Urbanista. Consulente del Comune di Milano per progetti di rigenerazione urbana e innovazione sociale. Ho lavorato per enti pubblici e privati nel campo della progettazione e pianificazione urbanistica. Svolgo attività di studio e ricerca presso il Dipartimento di Architettura DIDA dell’Università degli Studi di Firenze su temi legati alla rigenerazione urbana, innovazione sociale e disegno della città. Appena posso però me ne torno tra i vicoli di Assisi.

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