05 Maggio 2020

L’Albero degli Esposti

Gianfranco Fanelli
L’Albero degli Esposti

Essendo un teledipendente giorni fa, per caso, mi sono imbattuto nell’ennesima replica dell’ “Albero degli zoccoli” di Ermanno Olmi.L’avevo visto per la prima volta alla sua uscita al cinema(potremo di nuovo andarci?) condotti dall’allora parroco di Rivotorto Nicola Giandomenico in numerosa brigata. All’uscita dalla sala cinematografica di Foligno Padre Nicola disse che era un capolavoro. A prendere la parola fu l’unico anziano presente (tutti gli altri, me compreso, non votavano per il senato) il quale, di origini rurali, era medioevolamente chiamato ”Peppe de Marianna” in quanto di nome Giuseppe e sposo di Marianna. Non voleva essere chiamato così e rivendicava sempre il proprio cognome ma in quanto metecio a Rivotorto ed essendo invece Marianna indigena non riuscì a liberarsi dal suo gineconimico. Peppe disse che il film non gli era piaciuto per nulla e che gli pareva assurdo pagare il biglietto per vedere quello che aveva sempre visto ovverosia dei contadini. Negli anni invece io ho rivisto innumerevoli volte il film seguendo la mia teoria che un buon film o un buon libro vanno continuamente rivisti o riaperti. L’albero degli zoccoli come molti sanno è ambientato alla fine dell’ottocento in Lombardia ma c’era una κοιηε che rendeva simile il mondo di tutti gli umili compresi quelli assisani. Ho rivisto solo la parte finale del film (colpa zapping) partendo dal matrimonio della giovane coppia. Lui non parla mai infatti fino a non molti anni fa le persone povere e con pochissima istruzione parlavano pochissimo, mentre oggi tutti sono quantomeno loquaci. La sorella povertà di san Francesco non è nemmeno parente con la nostra. La ragazza era acconciata come Lucia Mondella, ma questa era l’unica differenza con le nostre contadine. Mi ha colpito anche l’estrema pudicizia nel vestirsi e nell’atteggiarsi cosa oggigiorno considerate quantomeno disdicevole. La coppia si sposa di prima mattina e va a Milano presso la zia di lei che era la badessa di un convento  (non di Monza). Vanno per avere in affido un bambino abbandonato. La piccolo somma annua data dal convento alla famiglia affidataria permetteva ai due giovani di sposarsi. Anche ad Assisi nel passato la mancanza di educazione sessuale, di indipendenza economica delle donne e il divieto alla contraccezione portavano ad un tasso di nascite anche illegittime enorme. L’aborto e l’infanticidio erano reati puniti anche con la pena capitale. Gli orfanatrofi erano sempre pieni (da noi c’era quello di Nocera Umbra) e le condizioni di vita erano rimaste quelle settecentesche descritte dal libro “Profumo”. La mortalità all’interno di tali strutture era elevatissima per cui appena possibile si affidavano i bambini a famiglie che li richiedevano ed a cui veniva fino alla maggiore età corrisposto del denaro. I ragazzi concorrevano anche lavorando, come del resto i figli legittimi fin dalla più tenera età (garzoni) ma in questo modo imparavano un mestiere e potevano così inserisrsi nella società. Nell’orfanatrofio non ricevevano istruzione e il rischio era che divenissero degli esclusi. La diffusione del fenomeno dell’abbandono è testimoniato anche nelle nostre zone dall’abbondanza dei cognomi come Alunni, Casagrande, Proietti, Esposti, Degli Esposti, Diotallevi, Fanelli, Bisciaio, o altri più bizzarri come Gibilterri dovuti alla fantasia di qualche suora. Fanno eccezione le zone montane nostre ma anche del resto d’Italia in cui non troviamo tali cognomi. A mio parere perchè le famiglie erano ancora più  povere di quelle di pianura e non necessitavano di inserire altri ragazzi era più diffusa la silvicoltura e la pastorizia e l’estremo isolamento non permetteva di spendere il denaro. Solo pochi erano adottati dalla famiglia affidataria ma in tal caso venivanio comunque tracciati con un doppio cognome. La maggior parte erano da adulti lasciati al loro destino come semi lanciati nel vento. Patrizio è colui che può dire chi è il proprio padre e non c’era insulto peggiore che essere chiamato bastardo anche se uno è stato il primo re d’Inghilterra. Ma  proprio questo può essere stato per molti la molla per aver successo nella vita. Il seme è germogliato e cresciuto e il loro sangue scorre in molti di noi. L’integrazione è l’unica strada, una strada difficile ma l’altra è lo scontro. Larga la strada stretta la via dite la vostra che io (in un giorno di covidsegregazione) ho detto la mia.

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