La “fertile costa” dantesca è sempre stata prediletta da strani personaggi che amavano vivere in solitudine e contemplazione. Proprio qui troviamo, nel 1362, Vitale, come risulta da una donazione alla fraternita da lui istituita. Sapendo che egli si spense nel 1370 a 75 anni, si risale alla nascita, avvenuta in terra di Bastia. Della giovinezza si hanno solo sparute notizie sull’attività di brigante a capo di una banda che operava tra Assisi e Spoleto, temuto per la sua ferocia. Ma alla soglia dei 40 anni si trovò, solo, a riflettere sulla condizione dell’uomo post mortem. Turbato dalla sorte che avrebbe potuto riguardarlo, radunò la masnada e la esortò a cambiare vita. Facile immaginare la sorpresa della banda che dapprima lo schernì, quindi lo lasciò. Vitale non si perse d’animo: indossati panni bigi, iniziò una lunga peregrinazione attraverso Italia, Francia, Spagna, accompagnato da una dolorosissima ernia. Di nuovo in Umbria, a Montecchio di Spoleto gli apparve in sogno san Benedetto che lo convinse a recarsi presso i monaci del Subasio. Vitale, destatosi, lo fece subito. Gli venne assegnato un romitaggio sulla graziosa collinetta di S. Maria delle Viole. Era il 1350 circa e qui rimase per vent’anni digiunando e pregando. Mai accese fuoco o mangiò vivande salate o bevve vino. Sembra – fu il primo evento che lo rese famoso – si rifornisse d’acqua con un canestro di vimini che non lasciava cadere una goccia. Teneva i capelli lunghi e li legava a un ramo in modo che, se si fosse addormentato, si sarebbe risvegliato e avrebbe potuto continuare a pregare. La fama di uomo pio si allargò, grazie anche al miracolo che lo consacrò santo già in vita. Recandosi al monastero di S. Crispolto, notò campi riarsi che non avrebbero prodotto molto. Donne del luogo gli offrirono le focacce che stavano cuocendo. Nell’atto di sfornare le contadine si accorsero che delle spighe di miglio erano spuntate tra le fiamme. Gridando al miracolo videro i campi rigogliosi di quel cereale che avrebbe permesso loro di vivere ancora. E poi bimbi resuscitati, malati d’ernia sanati, uno studente patavino che ritrovò favella e memoria recandosi a S. Maria delle Viole, Francesca di Lippo Cecci di Assisi che riacquistò la deambulazione. Vitale istituì una fraternità con lo scopo di alleviare le sofferenze di poveri e ammalati.
31 maggio 1370. Il santo, minato dalla vita di stenti, sentendo giungere la morte manda a chiamare il beato Antonio, dimorante nell’eremo di S. Potente, per lasciargli gli ultimi pensieri. Al trapasso sgorga una sorgente d’acqua buonissima che ancora oggi scorre. Si edifica una chiesa per conservare il corpo. I miracoli continuano: tanti guariti dall’ernia e un tuderte che, in carcere per un omicidio non commesso, dopo tante preghiere al santo si ritrova, alla vigilia dell’esecuzione, libero di fronte a casa.
Vitale, anche se sopraffatto dalla luce di Francesco e Chiara, brilla dal suo eremo delle Viole come una piccola stella dopo che il Sole è tramontato.
* adattamento a cura della redazione da: Daniele Brunacci, Ubi abundavit delictum, ibi superabundavit gratia in Terra di Mezzo – Periodico della Società Tolkieniana Italiana, n. 23 – Equinozio di Primavera, 2007, pp. 46-48