«A dì 7 luglio 1915 / sul Podgora di fronte all’austriaco / con fede mazziniana / con slancio garibaldino / Giuseppe Leonelli / cuore mente carattere / esempio agli altri sulla via del dovere / serenamente superbamente / troncava il canto di ventisei primavere»: parole che gli amici del caduto iscrissero su una lapide in Via Bernardo da Quintavalle sette anni dopo la morte.
Figlio di Leonello Leonelli (accademico del Subasio e tra i fondatori della Società Internazionale Studi Francescani), nacque ad Assisi nel 1888. Ebbe la migliore istruzione pubblica allora possibile in Umbria; lo stesso padre gli fu insegnante di Latino al ginnasio, frequentato con Arnaldo Fortini. Si laureò a Roma in Filosofia, anche se era evidente in lui un talento letterario che la breve vita non gli permise di utilizzare oltre l’impiego, nella capitale, all’agenzia Stefani. L’amico Fortini, in una delle prime sue opere, I nostri morti (1923), lo ricorda come poeta, riportandone molti versi, come drammaturgo (in particolare, per la commedia I piccoli uomini grandi, sulla vita di provincia «con le sue figure più caratteristiche di autorità cittadine, di artisti, di signore, di eruditi, di capiparte»), come memorialista, stralciando alcuni intensi passi del diario che Giuseppe tenne nella Guerra di Libia. Si capisce che egli, mazziniano, aveva accolto l’assai divisivo conflitto pensando, un po’ come Pascoli, che l’Italia avesse «confini troppo stretti». Al ritorno divenne il primo preside dell’istituto tecnico di Foligno, ruolo poi esercitato a più riprese dalla moglie Linda Doria. Ma la Grande Guerra incalzava: Leonelli, attivissimo interventista dell’area di Foligno, il 9 novembre ’14 accolse in città Cesare Battisti; la conferenza finì in parapiglia, però tra i due si stabilì un’intesa. Ancora in marzo Leonelli, uscendo da scuola, subì l’aggressione di un socialista contrario alla guerra, che fu perdonato e non denunciato. Il 24 Maggio trovò Giuseppe già in divisa, volontario. Rifiutò il corso allievi ufficiali per andare a motivare la truppa in prima linea. Il 7 luglio, da caporale, gli fu ordinato di guidare un plotone senza più comando. Siamo alla Seconda battaglia dell’Isonzo, sul Podgora, il Monte Calvario a qualche centinaio di metri da Gorizia, ma sull’altra sponda isontina: testa di ponte austriaca a difesa della città. Bloccato da un reticolato che non riusciva a rompere («Per la prima volta […] si trovava di fronte a un ostacolo che la sua volontà non poteva bastare a superare» dice Fortini), fu colpito a morte e preso. Quando gli Austriaci restituirono gli effetti del defunto, c’era anche, intriso di sangue, un biglietto di Battisti.
Pur senza toccarla, la vicenda di Leonelli singolarmente s’intreccia con quella del più noto patriota-scrittore Renato Serra: anche Serra aveva presentato un comizio di Battisti nella sua città, Cesena, sempre vedendolo finire in rissa; anche Serra giunse sul Podgora, il giorno prima che Leonelli morisse, e vi fu ucciso 13 giorni dopo.