e zappo l’orto
Molte persone durano una gran fatica a stare zitti e appalesano quale bisogno dell’anima dover manifestare il loro dissenso, trasformando ogni possibile critica in accesa polemica. Altri preferiscono il silenzio, soprattutto quando non è indifferente da che parte schierarsi, se con la presunta ragione (e scendere in piazza) o col potere dell’istituzione (e vegetare nel solco). Ci sono almeno due modi di stare coi frati e zappare l’orto. Il primo, che segna anche l’origine di tale espressione, è quello dei fiorentini che si piegarono ai Piagnoni, indefessi paladini del Savonarola. Zappare implicò chinare il capo nel sacro orto di regole e precetti ma nonostante la subordinazione ai domenicani, tanto utile alla pace, insieme ai cavoli dei frati coltivarono anche il segreto sogno dei Medici, pronti a riprendersi la città. Il secondo è un modo più assisano di zappare l’orto dei frati e delle suore, dove la deferenza sfuma nella obbedienza, adattandosi gioiosamente e compiacendosi devotamente in una letizia di voti presi, espressi e dati. Ma questo orto vuole l’omo morto e gira gira il cetriolo va sempre in tasca all’ortolano, che se lavora come un mulo lo prenderà…