come Fiaschetta
Sentenzia Voltaire che solo gli imbecilli non hanno dilemmi, facendo proprio l’insegnamento cartesiano per cui il dubbio debba essere ritenuto l’inizio della conoscenza. Eppure in Assisi, terra di certezze fideistiche e di inerziali credenze, il solo che assunse il dubbio a processo metodologico fu Fiaschetta. Dubitare presuppone esitare, vacillare, e per mantenere questo stato meditativo un costante tasso alcolemico può contribuire alla conquista della barcollante verità. Una piccola fiasca di alluminio, portata dentro la fodera della logora giacca, consentiva al nostro concittadino di sorseggiare del buon vino all’occorrenza e di non farsi trovare mai senza di fronte l’improvvisa sete del bere e del sapere. Le radici sanscrite (dvi), greche (δοιάζειν) e latine (dubium) della parola dubbio concordano nel ricondurre il termine al lemma “due”, celebrando il valore dell’incertezza tra alternative interpretazioni o soluzioni. Esitare tra la montagna e il mare o non sapere per chi votare, sono scelte che solo col dubbio metodico possono essere affrancate dal recondito inganno. Fare “si e no come Fiaschetta” non può essere sempre liquidato quale atto di ignavia e tanto meno come sbornia perenne.