Nel 1912 p. Michael Bihl pubblicò una ricca documentazione sulla chiesa di Santa Chiara, e tra le altre cose il testamento che un Vanni di Bongiovanni di Assisi aveva dettato l’11 dicembre 1337 di fronte al notaio Giacomo di Vanne nella sacrestia superiore di San Francesco alla presenza del custode del Sacra Convento fra Giovanni di Lolo e di altri sette frati.
In caso di morte improvvisa, il testatore chiedeva che il suo corpo fosse sepolto nella chiesa di San Francesco e che per il suo funerale si spendessero 40 lire “pro pane, vino, cera”. Item destinò “pro operibus” 10 lire ai frati di Santa Maria degli Angeli, 40 soldi ai frati di Santa Croce dell’Isola, che sotto i Baglioni prenderà il nome di Bastia, 40 soldi ai frati della Rocchicciola, 4 lire ai frati di San Damiano, 40 soldi alle suore mendicanti di un qualsivoglia monastero in città. Infine 40 soldi ai frati delle Carceri, questa volta per una pietanza.
Item lasciò a un suo lavorante, Cecco di Urbano, una casa posta nel rione di Porta Perlici accanto alla piazza del Comune, perché la vendesse e con il suo ricavato desse 100 lire “pro pictura” alla chiesa di Santa Chiara, e quanto restava ai frati di San Francesco perché costruissero una infermeria all’interno del loro convento.
Item lasciò 10 lire a Cecco di Urbano per il lavoro svolto. 20 soldi all’ospedale del Comune per l’acquisto di una coperta e di un materasso destinati ai poveri. 5 lire all’ospedale dei Tedeschi per l’acquisto di un letto. 40 soldi alla fraternita di Santa Maria che si riuniva in San Rufino per la salvezza dell’anima sua. 10 lire all’ordine dei Continenti per le luminarie da farsi per la festa di san Francesco. 10 lire alla fraternita dei disciplinati di San Gregorio “pro una pictura figure beate virginis Marie fienda in dicta fraternitate”. 40 soldi alla fraternita di San Lorenzo per l’anima sua. 5 lire per opere nella chiesa di Santa Agata. 2 soldi alle incarcerate di San Giovanni della Rocca.
Seguivano diversi legati alle varie figlie del testatore, ai suoi fratelli e nipoti, ad amici e lavoranti. Alla figlia Andreola, monaca del monastero di Sant’Apollinare, lasciò un terreno con una vigna nel vocabolo di Colderba, con l’obbligo che fosse destinato alla sua morte a un Vittorino di Andrea, in cambio di 25 lire da darsi alle suore di Sant’Apollinare. Nel caso Vittorino fosse morto senza eredi, il terreno era destinato alla chiesa di San Francesco, “pro opere ipsius ecclesie”.
A eseguire quanto stabilito nel testamento doveva provvedere il nominato Cecco di Urbano, al quale era lasciato ogni altro bene di proprietà del testatore in particolare i terreni nel vocabolo Campiglione, la strada che collega Assisi al fiume Chiascio.
Naturalmente non sappiamo se le ultime volontà di Vanni di Bongiovanni trovarono o no attuazione: fosse rimasto ancora a lungo in vita un normale individuo poteva anche cambiare idea, far scrivere un nuovo testamento, lasciare ad altri i propri beni. Oppure tutti questi desideri potevano “passare in cavalleria”, nel caso l’esecutore testamentario avesse trtattenuto per sé denari e terreni. Insomma, dal testamento di Vanni di Bongiovanni si ricavano diverse notizie ma nessuna certezza. Già Michael Bihl aveva ipotizzato che le 100 lire per pitture nella chiesa di Santa Chiara furono utilizzate per compensare i discepoli di Giotto che avevano dipinto la crociera sopra l’altare e le pareti del transetto, e la stessa cosa scrissi anch’io nel 1994. Ma non è escluso che gli stessi denari, piuttosto che essere spesi per pagare Palmerino di Guido che affrescò le vele sopra l’altare negli anni ’30 del ‘300, finirono nel mucchio per pagare Puccio Capanna che dipinse un polittico murale alle pareti del coro delle monache, o il pittore perugino che affrescò le soprastanti storie della Passione, o Pace di Bartolo che vi dipinse le storie dell’infanzia di Cristo: dipinti pressoché coevi alle figure delle sante nella crociera. Stesso discorso per il lascito destinato a una Madonna nella chiesa della fraternita di San Gregorio: potrebbe essere l’immagine della Madonna dipinta da Puccio Capanna nell’edicola esterna della chiesa, come già scrissi nel 1993, o potrebbe essere una delle figure dipinte da Pace di Bartolo all’interno della stessa chiesa.
Insomma, abbiano una serie di legati testamentari ma non sappiano esattamente come fossero utilizzati. L’unica certezza è il pane e il vino offerto ai frati del Sacro Convento nell’occasione del funerale di Vanni e la pietanza pagata ai frati dell’eremo delle Carceri.