La discesa impetuosa delle armate napoleoniche nella penisola fece sbocciare ovunque l’albero della libertà, ma c’è chi perse chiesa e convento e per i quadri posti sopra gli altari fu addirittura un disastro: una volta derubricati da immagini sacre a opere d’arte presero la strada dei musei d’oltralpe. Caduto Napoleone, con la restaurazione degli stati di antico regime le chiese rinnovarono il loro aspetto e persero le immagini antiche al loro interno, diventate merce di scambio per pagare i lavori. Infine ci si mise anche la natura, con una sequenza impetuosa di terremoti che gettarono a terra fabbriche secolari, riducendole in macerie o obbligandone la ricostruzione. La comunità della Porziuncola non restò immune a questa storia di battaglie. Con l’arrivo delle armate francesi nel 1798, i frati furono cacciati dal convento, che fu a sua volta trasformato in un «Deposito di mendicità del dipartimento del Trasimeno”. Caduto Napoleone, al ritorno dei frati seguì subito dopo un’altra tegola: nel 1818 fu ritrovato il corpo di san Francesco sotto l’altare maggiore nella sua chiesa sepolcrale, che rilanciò l’importanza della chiesa sul colle come meta di pellegrinaggi devozionali, ma anche come tappa del Grand Tour per intendenti d’arte. E la Porziuncola nel fondovalle? Prima i frati restaurarono le celle all’interno del convento e poi rinnovarono la facciata della piccola chiesa con il dipinto di Johann Frederick Overbeck che vi si vede ancora. Era questo un pittore tedesco nato a Lubecca il 3 luglio 1789, trasferitosi nel 1810 a Roma una volta lasciata Vienna, dove aveva studiato presso l’Accademia di Belle Arti, per dar vita nel 1809 con altri giovani artisti a una Lega di San Luca e cercarvi un’arte nuova ispirata alla tradizione dei primitivi italiani: dal Beato Angelico al giovane Raffaello. A Roma Overbeck si convertirà al cattolicesimo ed esprimerà il desiderio di donare il suo dipinto più bello a una chiesa. L’occasione gli verrà offerta nel corso di un breve soggiorno ad Assisi, dove si era recato nel 1823 per studiare i dipinti di Giotto e dove conoscerà fra Luigi Ferri da Bologna, allora custode del convento della Porziuncola, che lo coinvolgerà nel suo progetto di riqualificare la chiesa di Santa Maria degli Angeli dai notevoli danni subiti nel corso dell’occupazione napoleonica. e per rilanciare l’indulgenza del Perdono in risposta alla recente scoperta del corpo di san Francesco nella chiesa sepolcrale di Assisi. Overbeck si lancerà con entusiasmo nel progetto e nel settembre 1824 completò un bozzetto che ritraeva il miracolo delle rose, prendendo spunto da una composizione dell’Angelico e dalla maniera dolce di Pietro Perugino. Per eseguire il dipinto era pero necessario il permesso della curia romana e occorreva anche vincere l’opposizione dell’Accademia, arroccata nella difesa del gusto classico e di una immagine preesistente. Ottenuto il permesso, fra Luigi Ferri «ritornò dalla Capitale al Santuario il di 9 Maggio 1829 con il celebre Pittore Owerbeck, e famiglia. Questo Professore, stante la conoscenza del sud. Religioso, e la devozione, che porta a questo Santuario, si è offerto di farla a Fresco senza interesse, soltanto per le spese occorrenti di Viaggi, Colori, e mantenimento sia a lui che alla sua piccola Famiglia». Overbeck aveva nel frattempo ultimato il cartone e l’11 maggio mise mano al lavoro, che porterà a compimento il 12 dicembre 1829, con l’aiuto di un ancor giovane Edward Jacob von Steinle e non senza l’intervento di episodi prodigiosi, che saranno rammentati da Ferri nella cronaca del convento, per essere «accaduti al Celebre, e divoto Pittore, che per ben due volte fu slanciato con forza invisibile giù dal Palco e da mano miracolosa fu sostenuto e salvato dal Precipizio (…) Questa celebre pittura viene da Eccellenti Professori dell’Accademia di San Luca di Roma, e di Perugia valutata scudi 2000. Le spese occorse per sì divota opera, compreso Colori ecc. il di lui mantenimento, e della sua famiglia, che Mesi sette sonosi dovuti impiegare per completare questa celeberrima pittura, sono di scudi 398». Soldi trovati nella cassetta delle elemosine, salvezza del pittore garantita dalla grazia divina: cosa poteva chiedere fra Luigi Ferri in più?