“Ci rivelò il nostro diletto figlio Geraldo Ottoni, ministro generale dell’ordine dei frati minori, come Teobaldo Pontano, già vescovo di Assisi di buona memoria, molto tempo prima della morte [avvenuta nel 1329] pregò i diletti figli del convento dei frati minori di Assisi di accordargli la costruzione di una cappella all’interno della loro chiesa, impegnandosi a sostenere tutte le spese necessarie. Avendo accolto questo desiderio, la comunità del convento fece costruire la cappella e vi anticipò l’ingente somma di seicento fiorini d’oro. Inoltre il sopraddetto vescovo aveva promesso di fornire l’altare di tutti i paramenti sacri necessari, più un calice, due bacili d’argento e un messale, anche se poi in realtà non mantenne l’impegno preso e dei seicento fiorini dovuti ai frati ne consegnò cento soltanto. Essendo poi venuto a morte dopo una lunga malattia, Teobaldo lasciò al convento altri trecentocinquanta fiorini per conto della cappella che aveva fatto costruire, più altri quarantasei fiorini per coprire la chiesa di Santa Maria della Porziuncola, più un letto, dieci tovaglie e nient’altro”, con i frati che protestavano di dover ricevere ancora cento fiorini d’oro.
È lo stesso pontefice Giovanni XXII a scrivere da Avignone l’otto giugno 1332 al rettore del Ducato di Spoleto – come trovò Irene Hueck nel 1984 – per illustrargli le ragioni del litigio in corso tra i frati di Assisi e gli eredi del defunto vescovo Teobaldo Pontano. Esattamente dieci anni prima, il 4 settembre 1322, era stato Teobaldo Pontano a scrivere al papa in Avignone per dirgli di trovarsi “onere multe paupertatis oppressum” e di non poter pagare il dovuto alla Santa Sede e agli stessi frati per quanto era accaduto ad Assisi nel biennio 1319-20, quando un avventuriero locale aveva preso il potere in città e si era impadronito di quanto aveva trovato nella sacrestia di San Francesco, compreso il tesoro della Chiesa e le decime papali.
La cappella fatta costruire dal vescovo Pontano delle cui disavventure racconta la lettera è posta in capo alla navata nella chiesa inferiore di San Francesco, alle cui pareti è più volte riprodotta l’insegna della famiglia Pontani di Todi, con un ponte d’argento a tre campate su campo cremisi. Di conseguenza è Teobaldo Pontano il personaggio che vi compare una volta vestito da frate ai piedi di santa Maria Maddalena e una volta vestito da vescovo ai piedi del santo vescovo Rufino. Questa cappella è intitolata a Maria Maddalena, anzi è la prima che fu fatta decorare in suo onore dopo la presunta scoperta delle sue reliquie nella città francese di Aix-en-Provence (1279-80).
L’iconografia segue il racconto fantastico della Legenda Aurea di Iacopo da Varazze, che riunì sotto il nome di Maria Maddalena tre diversi personaggi presenti nei Vangeli: la peccatrice che unse i piedi di Cristo mentre cenava in casa di un fariseo, una donna liberata da sette demòni, la sorella di Marta e di Lazzaro, con il finale del tutto inventato di un viaggio senza ritorno in Francia. Giorgio Vasari rammenta questi affreschi nella vita di Buonamico Buffalmacco, il pittore burlone protagonista di alcune novelle del Boccaccio, ma si deve alla storiografia più recente averne restituito la paternità a Giotto di Bondone: la cappella della Maddalena è anzi la sola opera di Giotto ad Assisi per la quale vi sia un unanime consenso da parte degli studiosi.
A osservare questi meravigliosi affreschi a secoli di distanza verrebbe spontaneo immaginare una vicenda chiara e ordinata: un illuminato mecenate che volendo rendere omaggio a una donna seconda solo alla madre del Cristo pagasse di tasca propria la costruzione di una cappella nella chiesa dove era sepolto l’Alter Christus e la facesse decorare dal pittore più celebre di quel tempo. E invece dal resoconto di Giovanni XXII vien fuori una vicenda assai intricata, con i frati che anticiparono i soldi e con il donatore che li restituì solo in parte. Non solo: a osservare le vetrate istoriate con storie di Maria Maddalena e tante figure femminili, senza alcun personaggio legato alla Chiesa di Assisi, viene il sospetto che Teobaldo Pontano sia subentrato a una compagnia di donne devote a Maria Maddalena, e si sia impegnato a pagare tutte le spese pur di ottenere la disponibilità della cappella, non fosse altro per fare una bella figura portando ad Assisi un pittore tanto famoso che le stesse anime del Purgatorio ne dicevano un gran bene. Sempre che Dante non ci abbia contato una bugia.