Si entra in Santa Chiara per il Crocifisso romanico che parlò al giovane Francesco, o se vogliamo davanti al quale pregò Francesco nella chiesa di San Damiano. Davanti al quale pregò tutta la sua vita Chiara nel luogo di San Damiano e davanti al quale, una volta che il Crocifisso fu portato nella chiesa di Santa Chiara seguendo le spoglie della defunta badessa proclamata santa, hanno pregato per secoli le suore che hanno seguito le orme della pianticella di Francesco: Chiara. Per secoli il Crocifisso fu posto all’interno del coro delle Clarisse, addossato al fianco meridionale della chiesa. Attraverso una grata le suore potevano assistere alle funzioni religiose che si celebravano a un altare dominato da un grande Crocifisso Patiens. Attraverso la stessa grata fedeli e pellegrini potevano scorgere il Crocifisso di San Damiano Triumphans all’interno del coro monastico. Come fu presa la decisione di consentire a chiunque di poter vedere quest’antica reliquia, venerata per il legame con la scelta di vita cristiana compiuta da Francesco e da Chiara, le suore spostarono il loro coro altrove, sulla testata del transetto meridionale, e il coro antico diventò la Cappella del Sacramento. Il coro ha le pareti decorate da affreschi che rappresentano storie dell’infanzia e della Passione di Cristo, figure di santi maschili e femminili, tutti più o meno risalenti al secondo quarto del Trecento. Un tempo questo visibile parlare era destinato alle sole religiose che davanti a queste immagini di devozione intonavano le preghiere delle ore per tutte le festività dell’anno liturgico. Ai piedi di queste sacre immagini si riconoscono i ritratti delle suore che le commissionarono, anche se purtroppo le iscrizioni che le accompagnano, con i nomi delle donatrici e i tempi delle commissioni, non si sono conservate integre o non si sono conservate affatto.
La sola iscrizione che ha restituito il nome del donatore, l’anno di esecuzione e il nome del pittore è stata letta nella cornice inferiore di una lunga striscia dall’apparenza di un fumetto, che ritrae – da sinistra – santa Chiara che protegge sotto il suo mantello un gruppo di Clarisse, Sant’Anna Metterza e la vergine Maria sedute in trono con Gesù bambino marciante, San Girolamo penitente e San Rocco, le Stimmate di san Francesco. Sotto la figura di Santa Chiara si legge la data MDXXVII (1527). Sotto le figure successive Umberto Gnoli nel 1923 lesse “… ha fatto fare flora filia de … iacopa sacrestane e questo l’anno sancto per voto de ditto convento cioè con limosine a di 15 de novb. Francesco de tartaglia pentore d’asisii”. Nella condizione odierna il nome del pittore Francesco Tartaglia è andato perduto, mentre della restante scritta si legge “QUESTO LAVORIO LA FATTO FARE SUORA LETIZIA (?) E SUOR IACOPA SAGRESTANE. E QUESTO L’ANNO FACTO PER VOI …”. Questo Francesco Tartaglia è un modestissimo e assai antiquato pittore, la cui maniera si può riconoscere in numerose immagini votive presenti in edicole viarie della città e in chiese del contado assisano. Se non vi fosse scritta la data 1527, nessuno potrebbe proporre a una datazione cosi avanzata, ma al massimo ci si dovrebbe arrestare a un’epoca precedente il 1500. Eppure questi dipinti hanno un loro interesse, soprattutto per la rarissima iconografia della santa Chiara che protegge sotto il mantello le consorelle. Apparentemente questa iconografia deriva dall’immagine della Madonna della Misericordia che trovò una notevole fortuna nel XV secolo quando infierivano le epidemie di peste, come parrebbe alludere la presenza tra i santi di un San Rocco con la piaga della peste. A mio parere questa iconografia della Santa Chiara del mantello deriva in realtà dall’immagine del San Francesco che protegge sotto il mantello i frati Minori, dipinta da Giotto, o da un suo aiuto, sulla calotta absidale della chiesa inferiore di San Francesco ad Assisi, che fu abbattuta nel 1623 da Cesare Sermei per dipingere al suo posto un Giudizio Universale.