05 Gennaio 2022

Seguire i soldi: Postumio, Tito, Nero, Rufio, Caio, Vibio

Elvio Lunghi
Seguire i soldi: Postumio, Tito, Nero, Rufio, Caio, Vibio

“L’Umbria ti generò da illustri Penati – mento forse? O ben ricordo la terra della tua patria? – dove la nebbiosa Mevania stilla umidità nei declivi campi, e l’umbro lago d’estate intiepidisce le sue acque, e sulla vetta sorgono le mura dell’alta Assisi, mura rese note dall’opera del tuo ingegno”. I poeti non sanno far altro che parlare d’amore: parlano parlano e non sanno far altro. Cosa poteva raccontare Properzio alla sua amata Cinzia? Che per lei aveva lasciato la sua piccola patria, le valli e i colli dell’Umbria, Bevagna persa nella nebbia d’autunno – nebulosa cavo rorat / Mevania campo – e calda sotto il sole d’estate. Assisi fatta a scale che salivano la costa di un monte – scandentisque Asis consurgit / vertice murus – per squadrare dall’alto le acque del lago.

            Assisi fatta a scale c’è chi scende e c’è chi sale: chi ha costruito le terrazze che si affacciano verso i bei tramonti infuocati? Chi ha pagato le pietre dei muri che spingono in alto le piazze, un tempo folte di archi, di porte, di teatri? Dove sono le belle pietre intagliate? Dove sono le statue degli dei antichi? Tebe dalle sette porte, chi la costruì? Ci sono i nomi dei re dentro i libri, e ci sono anche i nomi degli antichi maroni scolpiti sulla parete di travertino nascosta dietro gli altari all’interno della cattedrale di San Rufino, dove era un tempo la terrazza che guardava verso sud-est e si appoggiava nel lato a monte sopra un muro di sostegno in opera quadrata. Dove era un tempo il tempio umbro dedicato a “Bona Mater”, prima ancora che sistemassero l’area per ricavarne il foro romano.

            Post Mimesius C.F.T. Mimesius Sert … “I maroni Postumio Mimesio figlio di Caio – riprendo la traduzione dal bel libro di Enrico Sciamanna su Asisium: percorsi archeologici nel più importante municipio a nord di Roma -, Tito Mimesio figlio di Sertore, Nero Capidas figlio di Caio, Rufio Nero Babrio figlio di Tito, Caio Capidas figlio di Tito, nipote di Caio, Vibio Voisieno figlio di Tito provvidero alla costruzione del muro dall’arco al circo e dell’arco e della cisterna, su decreto del Senato”. Eccoli qui i nomi di chi ha pagato, magari non di tasca propria ma facendo la cresta sulle tasche altrui, come erano soliti fare gli amministratori che abbellirono Assisi sotto il dominio romano, costruendo mura, archi, templi e scrivendoci sopra i nomi che ci vengono restituiti dalle epigrafi che si vedono qua e là, dietro le pareti delle chiese, dietro le case o sotto le fondamenta di edifici costruiti in epoca posteriore. 

            Negli anni ’70 del Novecento ci fu chi provò a rimuovere gli altari tridentini addossati alle pareti rinforzate da Galeazzo Alessi per coprire con volte la cattedrale romanica. Questo non-sense archelogico si arrestò con la rimozione delle mense degli altari, mi dicono per mancanza di fondi perché altrimenti il “ripristino ideale” caldeggiato dal Lions Club di Assisi e patrocinato dalla Soprintendenza ai monumenti dell’Umbria, avrebbe prodotto il risultato che possiamo vedere ad Assisi nelle chiese di Santa Maria Maggiore e di San Pietro: rimuovendo le tele, abbattendo gli altari, decorticando le pareti. Ne avremmo guadagnato la vista di una parete continua in travertino, aperta dalla bellissima fontana dove sgorgava l’acqua di una sorgente e utilizzata come base per portare sulle reni la torre altissima del campanile voluto dal vescovo Ugone per suonare le campane della “basilica ugoniana”.

            È questa la cisterna della quale parla la lunga iscrizione che comincia proprio sopra l’arco di accesso a questa sorta di grande fontana: un vascone coperto da una volta a tutto sesto, aperto sulla fronte da un grande arco. La scritta è nascosta dietro una mostra d’altare settecentesca ma la possiamo leggere nella sua interezza grazie al calco in gesso esposto nel Museo Lapidario nella piazza sotterranea antistante il Tempio di Minerva. Il muro reggeva il terrapieno per dove sale la strada che collega la platea antistante il sagrato di San Rufino alla piazza superiore nota sotto il nome di Piazza Nuova. L’arco nominato dalla scritta era forse una porta monumentale per la quale si usciva dalla cerchia romana, mentre il circo corrispondeva verosimilmente con la piazza antistante l’anfiteatro posto nella sella tra il colle Asio e il monte Subasio. Ma di questo hanno scritto ampiamente gli archeologi che si sono occupati dell’Assisi romana.

            Nel libro sull’Assisi romana di Maria José Strazzulla  c’è un lungo dibattito sul perché e il percome il testo dell’iscrizione sia in latino piuttosto che in umbro. Il maronato era “come è noto una magistratura tipica del sistema amministrativo dell’Umbria preromana … La citazione dei Marones in un testo latino anzichè umbro ha indotto alcuni studiosi a datare il testo stesso ad un periodo posteriore all’89 a.C., quando cioè l’inserimento delle comunità italiche nel sistema politico romano determinò ovunque l’adozione ufficiale della lingua latina”. Insomma gli Umbri di Assisi prima ancora di  sottomettersi agli eserciti romani adottarono il latinorum per non farsi male, e intrapresero costose opere pubbliche che tanto piacevano ai conquistatori. Visto quel che accadeva a chi stentava a sottomettersi, sempre meglio investire nel mattone e tesser lodi alle belle signore della capitale: Properzio docet.

Elvio Lunghi

Parlo di storia dell’arte agli studenti stranieri di Perugia.

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