09 Febbraio 2023

Seguire i soldi: Nicola di Cecchino da Palanzano e Ugolino di Cristoforo per il quadro della fraternita di San Francesco nella chiesa di San Francesco

Elvio Lunghi
Seguire i soldi: Nicola di Cecchino da Palanzano e Ugolino di Cristoforo per il quadro della fraternita di San Francesco nella chiesa di San Francesco
Museo del Tesoro, Basilica di San Francesco in Assisi; Italia, Umbria, Perugia, Assisi

Il Museo del Tesoro del Sacro Convento di Assisi conserva una grande tavola dipinta, alta 198 cm. e larga cm. 139, che ritrae una Crocifissione con ai piedi della croce i santi Leonardo, Antonio Abate, Francesco e Chiara. Non vi figurano né la madre Maria né il discepolo prediletto san Giovanni, né Maria Maddalena o le altre pie donne ai piedi della croce, come ci si potrebbe attendere da un’immagine che segua il racconto evangelico. La spiegazione la si può trovare nelle figurette che compaiono alle due estremità in basso, due gruppi di penitenti vestiti di bianco, in ginocchio, due a mani giunte in preghiera, uno che si flagella la schiena nuda con una frusta. Sono evidentemente i membri di una fraternita cittadina, che possiamo identificare nella fraternita di San Francesco o delle Stimmate per la ragione che il quadro era in origine nella cappella di Sant’Antonio Abate nella chiesa inferiore di San Francesco, che a quella fraternita appartenne. Ecco dunque spiegata la presenza di sant’Antonio Abate: la cappella prendeva nome da quel santo. Mentre la presenza di san Leonardo, che vi compare con le manette in mano, ha origine da una chiesa intitolata a San Leonardo che fu la prima sede della fraternita nei pressi di porta di San Giacomo. La presenza di san Francesco e di santa Chiara non richiede ad Assisi una spiegazione particolare. La cappella di Sant’Antonio è in fondo al nartece d’ingresso della chiesa inferiore, sulla destra, per dove si entra nel chiostrino dei morti. È tutta scavata nel sottosuolo, con l’acqua che percola dal terreno sovrastante e ha provocato la caduta delle pitture murali che la decoravano. Notizie sulla cappella e la sua decorazione ci sono fornite da una preziosa ricerca compiuta da Cesare Cenci negli archivi di Assisi. La cappella di Sant’Antonio era stata fatta costruire da un certo Vagnuccio di Francesco d’Assisi, che il 2 agosto 1360 destinò 80 fiorini d’oro per farla decorare. Pochi anni dopo la cappella accolse i monumenti funebri del rettore del ducato di Spoleto Blasco Fernandez di Belviso e di suo figlio Garzia, assassinati nel 1367. Nel 1416 la cappella apparteneva ai disciplinati di San Francesco, che se ne servivano per seppellirvi i soci defunti. Nel 1507, il 27 aprile, un tale Nicola di Cecchino da Pelanzano destinò tre fiorini “pro pictura facienda in quadam tabula” per la cappella di Sant’Antonio di Vienna nella chiesa di San Francesco. Il 19 ottobre dello stesso anno il sindaco della fraternita ebbe altri tre fiorini “pro pictura facienda in quadam conia in cappella s. Antonii de Vienna”. L’anno seguente, il 26 dicembre 1508, questa volta una donna, una tale Pellegrina di Andrea del vigniaio, lasciò scritto di voler essere sepolta nel pilo di questa cappella, e destinò tre fiorini per farla riparare. Un ultimo lascito testamentario è dell’agosto 1509, quando un certo Ugolino di Cristoforo lasciò dieci fiorini “pro pictura cuiusdam tabule faciende per homines dicte fraternitatis”, nella cappella accanto al cimitero di San Francesco. Tre fiorini qua, dieci fiorini là, soldino dopo soldino i confratelli trovarono la somma necessaria e fecero dipingere la cona, cioè la Crocifissione nelle sale del museo. Che non presenta né la data né il nome di pittore, e magari data e nome erano un tempo presenti sulla cornice che reggeva la tavola sopra l’altare della cappella. L’autore del dipinto è un pittore di Assisi documentato in vita tra il 1486 e il 1524, Tiberio Diotallevi meglio noto come Tiberio di Assisi. Il nome  di Tiberio fu proposto per primo dallo storico di Assisi Antonio Cristofanì, che lo era venuto a sapere dalle carte manoscritte di un erudito locale, Francesco Antonio Frondini. Che sia un quadro di Tiberio non ci sono dubbi. Tutti i santi, maschi o femmine che siano, hanno stampata in viso un’espressione dolciastra, quell’aria imbambolata che è tipica dei quadri di Tiberio. I movimenti sono goffi e hanno una “semplicità che avvicina a Dio” – non è una frase mia, l’ho copiata da Guerra e pace di Lev Tolstoj – che tanto doveva piacere agli affiliati delle fraternite di quei tempi antichi.

Museo del Tesoro, Basilica di San Francesco in Assisi; Italia, Umbria, Perugia, Assisi
Elvio Lunghi

Parlo di storia dell’arte agli studenti stranieri di Perugia.

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