Una credenza diffusa nel XIII secolo pretendeva che chi avesse ricoperto l’incarico di cardinale protettore per i frati Minori sarebbe poi asceso al pontificato, come si era verificato per Gregorio IX, Alessandro IV e Niccolò III. Appena eletto Niccolò III, e lasciato il titolo di protettore, i francescani chiesero questa carica per un loro confratello, Girolamo da Ascoli, ma il pontefice la volle riservare per un suo stretto congiunto, Matteo Rosso Orsini, al quale capitò di entrare più volte in conclave come pontefice e di uscirne da cardinale. Per contrappasso, il 22 gennaio 1288 la ruota della fortuna dette ragione ai francescani facendo uscire il nome di Girolamo da Ascoli, che volle chiamarsi Niccolò IV in ricordo di Niccolò III che lo aveva fatto cardinale, ma non fidandosi affatto degli Orsini cercò l’appoggio dei rivali Colonna non avendo una propria famiglia a cui appoggiarsi.
In omaggio a san Francesco Niccolò IV fece le cose in grande ad Assisi. Due giorni dopo la sua incoronazione, avvenuta il 22 febbraio, inviò al Sacro Convento paramenti sacri, argenterie e una somma di denaro, oltre al suo corredo vescovile. Il 30 aprile 1288 sollecitò il Comune perché ampliasse il circuito delle mura per incrementare la popolazione residente, sembrandogli la città troppo piccola per il gran numero di religiosi che ospitava, ma allo stesso tempo vietò la vendita o l’affitto di case o terreni a famiglie religiose mendicanti rivali. Per questa ragione lo skiline di Assisi manca dei grandi conventi urbani che compaiono nella gran parte delle città europee, dove alloggiarono Domenicani, Agostiniani, Serviti e Carmelitani, oltre naturalmente ai Francescani: fu così che Assisi manterrà la sua inconfondibile forma a fuso grazie ai due poli opposti di San Francesco e di Santa Chiara sulle due estremità del colle. Soltanto piccoli monasteri femminili di regola benedettina – Sant’Apollinare, San Paolo, Santa Caterina – riuscirono a eludere il divieto spostandosi dal contado a ridosso delle vecchie mura prima che fossero costruite le nuove: la furbizia delle donne.
Il 15 maggio 1288 Niccolò IV inviò al neoeletto ministro generale Matteo d’Acquasparta una letteracon la quale ordinava al ministro provinciale e al custode del convento di San Francesco in Assisi di nominare una persona idonea e fidata alla quale assegnare il compito di raccogliere e conservare senza limitazioni cronologiche le elemosine lasciate dai devoti alla tomba di san Francesco e alla Porziuncola. I denari erano destinati a “conservari, reparari, aedificari, emendari, ampliari, aptari, et ornari praefatas Ecclesias”, a discrezione dei ministri destinatari della lettera o dei religiosi del Sacro Convento. Una lettera di tenore analogo fu inviata lo stesso giorno al ministro provinciale e al custode di San Francesco. La grande novità di queste due lettere è nell’assenza di qualsivoglia riferimento alla figura istituzionale del cardinale protettore, all’epoca Matteo Rosso Orsini. Pur mantenendo per la chiesa superiore le caratteristiche di cappella papale, con Niccolò IV la programmazione e la direzione dei lavori all’interno di San Francesco diventarono una faccenda interna all’Ordine, in deroga alla Exiit qui seminat di Niccolò III, e finalmente i frati furono liberi di non dover chiedere a chissachì il permesso di poter fare questo e quello all’interno della loro chiesa, salvo sopportare l’ingerenza di committenti privati, in particolari danarosi cardinali e vescovi, che pretesero di costruire sontuose cappelle funebri a ridosso della tomba del santo.
Furono allora dipinte le storie della vita di san Francesco alle pareti della navata nella chiesa superiore, dove gran parte delle chiese francescane presentano immagini votive eseguite “pro remedio animae”, cioè per la la salvezza dei defunti che vi sono sepolti. Pochi anni dopo se ne lamentarono alcuni frati spirituali, ma fu loro risposto – come ha trovato Donal Cooper – che era stata una decisione presa da Niccolò IV: di cosa volevano lamentarsi i suoi frati?