11 Agosto 2021

Seguire i soldi: Napoleone Orsini I

Elvio Lunghi
Seguire i soldi: Napoleone Orsini I

È l’Opus Metricum di Jacopo Stefaneschi a restituirci la cronaca dell’elezione di Celestino V, “colui  che fece per viltade lo gran rifiuto” che compare tra gli ignavi alle porte dell’Inferno tra “color che vissero senza infamia e senza lodo”. Niccolò IV, alias fra Girolamo da Ascoli, era morto a Roma il 4 aprile 1292. Per quattro anni i pochi membri del conclave non riuscirono ad accordarsi sul nome di un successore, divisi com’erano tra i reciproci veti tra i due Colonna e i due Orsini e la peste che flagellava Roma. Così nel 1294 i cardinali superstiti fecero armi e bagagli e risalirono le acque del Tevere fino a Perugia, cercando il fresco a Porta Sole, inseguiti da re Carlo II d’Angiò che chiedeva una rapida conclusione del conclave per risolvere la contesa con re Giacomo II d’Aragona per il possesso della Sicilia, sfuggitagli di mano in seguito ai Vespri siciliani. Ed ecco che il 5 luglio 1294 avvenne un fatto nuovo riferito dallo Stefaneschi. Una mattina, facendo la conta dei presenti, mancarono all’appello due cardinali, l’anziano Pietro Peregrosso a letto malato e il più giovane Napoleone Orsini al quale era improvvisamente mancato un fratello, sembra per una banale caduta da cavallo. Ed ecco che Latino Malabranca, visibilmente commossò, riferì di aver sognato un pio eremita che gli prediceva il castigo divino nel caso la sede vacante si fosse protratta. Cinicamente Benedetto Caetani volle sapere il nome dell’eremita e Latino Malabranca rispose Pietro da Morrone, il candidato caldeggiato da re Carlo d’Angiò, che venne eletto unanimemente pontefice, con il voto dello stesso Matteo Rosso Orsini che sperava di essere il più votato. Il 29 agosto Pietro da Morrone fu incoronato a l’Aquila con il nome di Celestino V nella chiesa di Santa Maria di Collemaggio. Da qui si spostò a Napoli alla corte di Carlo d’Angiò, dove restò fino al 13 dicembre 1294, quando in pubblico concistoro annunciò le sue dimissioni dalla carica volendo tornare a vita eremitica. Il conclave si riunì immediatamente e risultò eletto Benedetto Caetani, che prese il nome di Bonifacio VIII, mise sotto chiave Celestino V e annullò tutti i provvedimenti da lui adottati, tra i quali la libertà concessa ad Angelo Clareno e ai frati spirituali di spogliarsi del saio francescano per poter fondare una propria religione.
            Di questa vicenda restano i versi di Dante, l’avventura di un povero cristiano di Ignazio Silone e la millenaria ostilità della Chiesa cattolica verso i papi dimissionari, felicemente conclusasi con il pensionamento per vecchiaia di Benedetto XVI e l’elezione di papa Francesco. Ma resta pure ad Assisi la cappella che Napoleone Orsini fece costruire per il fratello Giovanni sulla testata del transetto settentrionale, che fu all’origine del rinnovamento del programma decorativo sulle volte della tomba di san Francesco. La cappella fu intitolata a San Nicola in onore di Niccolò III Orsini, lo zio pontefice di Napoleone che si era fatto costruire una cappella analoga in San Pietro in Vaticano. Napoleone vi collocò una tomba ornata da sculture con il ritratto di Giovanni Orsini seguendo il modello del monumento escogitato da Arnolfo di Cambio per Bonifacio VIII nella basilica vaticana. Le finestre furono ornate da vetrate istoriate dove figurava il ritratto di Napoleone in compagnia del fratello defunto. Le pareti furono affrescate con storie di san Nicola, dove è stata riconosciuta la maniera di Giotto di Bondone dei tempi del polittico di Badia e della croce di Rimini, in compagnia di un aiuto forse umbro forse senese identificato in un Palmerino di Guido presente anche in altre chiese di Assisi, oltre ad altri collaboratori non si sa di dove.

            Anni fa contai quante volte lo stemma Orsini è presente sulle pareti, le vetrate, le sculture e le inferriate di questa cappella, e arrivai a un numero pari alla carica dei 101. Sergio Fusetti, che ha restaurato dipinti e sculture, ne ha contati 141: tutto si può dire, ma non che Napoleone Orsini si sia nascosto dietro un dito. Del resto cosa avremmo dovuto attenderci da un cardinale uscito dal grembo di una famiglia di baroni romani? Che aveva chiamato al suo servizio Giotto e Pietro Lorenzetti ad Assisi e che ad Avignone si farà fare il ritratto da Simone Martini? Manco fosse la Laura di Francesco Petrarca che abbiamo tutti studiato a scuola leggendo i suoi sonetti.

Elvio Lunghi

Parlo di storia dell’arte agli studenti stranieri di Perugia.

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