20 Ottobre 2021

Seguire i soldi: il vescovo Ugone

Elvio Lunghi
Seguire i soldi: il vescovo Ugone

Epigrafi, documenti, cronache, ma anche prediche di preti o di frati: sono molteplici le fonti dalle quali ricavare la genesi e il significato di un monumento o di un’opera d’arte.

Negli anni ’60 dell’anno Mille un monaco che diventerà santo, Pier Damiani da Fonte Avellana, scrisse un sermone in onore di san Rufino vescovo e martire di Assisi. Piuttosto che parlare della sua vita e ripeterne gesta e parole, Pier Damiani raccontò una vicenda di qualche decennio precedente che aveva avuto per protagonista il vescovo Ugone. Questi avrebbe desiderato di avere nella sua cattedrale di Santa Maria Maggiore una reliquia del santo patrono, che aveva trovato la sua estrema dimora in una piccola chiesa nella parte superiore della città. Nel contado di Assisi era stata rinvenuta una cassa in pietra decorata con storie pagane, che si voleva ne avesse conservato il corpo una volta ritrovato nelle acque del fiume Chiascio, dove Rufino era stato gettato con una macina di molino legata al collo. Come Ugone tentò di portare la cassa nella chiesa accanto la sua residenza, incontrò una ferma opposizione da parte del popolo, che pretendeva di portarla nella chiesa in onore del santo e di ricomporne le ossa al suo interno.

Tra vescovo e popolo si arrivò alle mani, gli uomini delle due opposte fazioni presero le armi e si affrontarono aspramente nelle vie della città, ma grazie alla divina provvidenza non si ebbero né morti né feriti. Si tentò allora un giudizio di Dio e sessanta uomini dalla parte del vescovo non riuscirono a smuovere la cassa in pietra che soltanto sei uomini dalla parte del popolo trascinarono agevolmente nella chiesa in vetta al colle. Fu allora che il vescovo Ugone decise di ricostruire la piccola chiesa dalle fondamenta, e la fece a tre navate con presbiterio elevato sopra una cripta a oratorio, trasferendovi il titolo di cattedrale.

La “basilica Ugoniana” restò in piedi fino quasi al 1210, quando un patto di pace tra maiores e minores, tra nobiltà feudale e popolo, decise la ripresa dei lavori di un più grande edificio che era stato fondato nel 1140 per volontà del priore Rainerio e su disegno dell’architetto Giovanni da Gubbio. Soltano due anni più tardi la cassa con la salma di san Rufino fu spostata all’interno dell’edificio oramai ultimato, la chiesa del vescovo Ugone fu rasa al suolo e sopra le sue macerie fu costruita la facciata della nuova cattedrale.  

Nel 1895 il canonico Elisei riportò alla luce quanto restava della “basilica Ugoniana” sotto la facciata e la campata finale della chiesa odierna. Del precedente edificio fu ritrovata integra la cripta a oratorio con semplici volte a crociera sorrette da colonne con capitelli romanici e di riuso, una tribuna absidale e le porte di accesso a due navatelle laterali e a un chiostro. La conca dell’abside era ornata da pitture dell’XI secolo e sulla parete di testa della navata meridionale fu trovata una immagine della Vergine dovuta allo stesso pittore del celebre Crocifisso davanti al quale partì l’avventura cristiana del giovane Francesco nella chiesa di San Damiano. La cripta era stata colmata con le macerie della chiesa romanica e nel corso degli scavi fu rinvenuto un ricco lapidario con numerosi capitelli e le colonne di un ciborio altomedievale. Come il vasto ambiente  sotterraneo tornò visibile, vi fu riportata la cassa marmorea della contesa tra Ugone e il popolo: un sarcofago ornato con il mito di Selene e Endimione che ritrae la Luna che arresta il suo carro per ammirare il pastore dormiente.

Cripta della basilica Ugoniana

A questa cripta o meglio a questa “basilica Ugoniana” è legato un episodio della vita di san Francesco. Il santo aveva predicato davanti a una grande folla nel sagrato antistante la chiesa, quando al termine della predica entrò al suo interno, si spogliò e ne uscì seminudo facendosi tirare per una corda legata al collo da un frate che annunciava come Francesco era in realtà un ghiottone perché si era cibato di carne nel corso di una malattia, mentre un altro frate gli gettava cenere addosso in segno di penitenza. Colpito da tanta umiltà, il popolo scoppiò in un pianto dirotto: fu questo l’ìinizio del teatro medievale!

Elvio Lunghi

Parlo di storia dell’arte agli studenti stranieri di Perugia.

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