13 Luglio 2022

Seguire i soldi: il Comune di Assisi incarica Puccio Capanna e Cecce di Saraceno

Elvio Lunghi
Seguire i soldi: il Comune di Assisi incarica Puccio Capanna e Cecce di Saraceno

Nel 1956 il frate Minore Giuseppe Abate scoprì nell’Archivio Comunale di Assisi alcune pagine di Riformanze comunali, dalle quali risultava come 16 novembre 1341 il capitano del popolo Bandino di Nerio del comitato di Marsciano aveva convocato il Consiglio del Comune per discutere la proposta di far dipingere l’immagine della gloriosa vergine e madre di Dio e di altri santi alle porte cittadine di Piazza Nuova e di San Rufino. Due giorni dopo la proposta fu discussa all’interno del Consiglio generale, con vari interventi sulla procedura da seguire per l’appalto delle pitture: un primo consigliere propose di assegnare il lavoro al prezzo più conveniente – “cuicumque pro minori faciet” – ma altri tre consiglieri dissero di volersi fidare dell’acume dei signori Priori, lasciando loro il compito di scegliere il pittore più opportuno: “fieri faciant picturas et maiestates predictas ut eis videbitur”. Fu adottata la seconda soluzione, i consiglieri ritennero poco opportuno scegliere al ribasso – il minor costo! – e sei giorni dopo la scelta cadde sul pittore più bravo presente nella piazza di Assisi, anzi due associati in compagnia. Il 24 novembre “Puccius Cappanne et Cecce Saraceni pictores de Assisio” s’impegnarono con i priori del Comune nel dipingere su entrambe le faccie delle porte della Buona Madre e di San Rufino una Madonna col bambino tra i santi patroni della città: “promiserunt … pingere in portis Bonematris et Sancti Ruphyni ex parte interiori interiori et exteriori … figuram gloriose Marie Virginis cum filio in brachio in sedia et sanctum Franciscum et sanctam Claram et sanctum Ruphynum et sanctum Victorinum et sanctum Iohannem”. Negli archivolti era previsto un fregio con altri ornamenti in stagno dorato, corone dorate dovevano essere poste in capo alla Vergine e al figlio, le quali figure si dovevano dipingere “cum bono acçurro et cinabrio et bonis coloribus”. I due pittori s’impegnavano a eseguire tutto a loro spese gli affreschi, tanto per i colori che per oro, rena, calce e ponteggi, e a ultimare l’opera entro la festa di Natale venturo, cioè nel termine di un mese dalla firma del contratto.

Giuseppe Abate ritenne entrambe le Maestà rovinate nel corso dei secoli, ma osservò pure come una delle due dovesse essere ancora visibile sullo scorcio del XVI secolo, quando fra Ludovico da Pietralunga la rammentò sotto il nome di Puccio Capanna in una sua descrizione delle opere d’arte presenti all’interno della chiesa di San Francesco e in altri luoghi della città: “Anco vi sonno delle sue opere in una facciata de un portone; cioè sopra de ogni canto siede pinta la Madonna con il Figliolo in braccio, de man destra Sancto Francesco, de man sinistra Santa Chiara: Ancora si mantengono bene, quel San Francesco gli à una bella testa. Questo portone gli è fra San Rufino e Sancta Chiara a mezzo viaggio nella strada”. 

Era questa la Maestà della Porta della Buona Madre, la stessa per la quale Giorgio Vasari aveva speso nelle Vite il nome di Tommaso di Stefano detto Giottino: “Nella medesima città d’Ascesi fece, sopra la porta della città che va al Duomo, cioè in un arco dalla parte di dentro, una Nostra Donna col Figliolo in collo, con tanta diligenza che pare viva; ed un San Francesco ed un altro santo bellissimi: le quali opere … sono perfette e d’ogni lode dignissime”. In un primo tempo nessuno studioso notò che si trattava dello stesso dipinto, finché Luisa Marcucci ne scrisse nel 1963 in una rivista dei Musei di Berlino. Un frammento della Maestà commissionata a Puccio Capanna era finito nella raccolta museale di Assisi, e consentiva di restituire a questo pittore un gruppo omogeo di affreschi nominati da Giorgio Vasari nelle vite di Maso e Giottino, ma che la storiografia critica più recente, che faceva capo a Roberto Longhi, voleva di Stefano Fiorentino soprannominato “scimia della Natura”. 

Il frammento della pinacoteca di Assisi raffigura un bambino in grembo alla madre – se ne vedono le mani che lo stringono ai fianchi – rivolto a guardare un san Francesco che ha in mano un libro. Il documento scoperto da padre Abate ci ha restituito il nome di Puccio Capanna, campione della “maniera dolcissima e tanto unita”, formatosi nella bottega di Giotto e noto per un gruppo di affreschi presenti in chiese di Assisi.

Elvio Lunghi

Parlo di storia dell’arte agli studenti stranieri di Perugia.

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