04 Maggio 2022

Seguire i soldi: gli uomini e le donne della fraternita della Rocchicciola

Elvio Lunghi
Seguire i soldi: gli uomini e le donne della fraternita della Rocchicciola

La chiesa di Santa Maria della Rocchicciola è ubicata proprio sopra il castello di Rocca Sant’Angelo, in vetta ai colli della sponda destra del fiume Chiascio al suo ingresso nella Valle Spoletana. È un piccolo edificio interamente costruito in pietra mista, in forma di una sola navata coperta da un tetto a capriate lignee, salvo la parte sopra l’altare che ha una volta in muratura e termina con un’abside pentagonale. Di una comunità di frati alla “Rocheçola” si ha notizia in un testamento nell’aprile 1300, quando già esisteva chiesa e convento a servizio dei frati. Nel 1550 – data presente in un mattone sulla facciata esterna – a ridosso del fianco settentrionale della navata fu costruito un piccolo annesso per ospitare una fraternita che raccoglieva gli uomini e le donne del castello. L’ambiente era in origine provvisto di un ingresso indipendente dal sagrato antistante, chiuso il quale vi si accede dall’interno della chiesa. Anche il semplicissimo oratorio ebbe le pareti decorate con immagini sacre, apparentemente dovute a un solo, modestissimo pittore, come si deduce dallo stile omogeneo e dalle lettere “D” “G” e “P” che compaiono sulle finte mensole alla base di tre quadri, verosimilmente identificabili nei capolettera del nome e del patronimico del loro autore. Il pittore ebbe forse un carattere schivo, o più semplicemente era pienamente cosciente della propria inadeguatezza, benché i personaggi che compaiono nei suoi lavori siano all’interno di architetture pretenziose che vi imitano altari marmorei. Se il nome del pittore si limita alla griffe, la data dei dipinti è riprodotta per esteso, come pure i nomi dei donatori che ne pagarono l’opera, se si eccentua la prima immagine a essere eseguita sopra la parete comune alla chiesa, che ritrae una Madonna della Misericordia col manto aperto sopra due folti gruppi di personaggi a invocarne la protezione, maschi a sinistra, femmine a destra, con sotto la scritta “Questa opera la fatta fare le done per lor / devetione et voto adi 17 de aprile IDLVI”. La data 1556 è replicata nella parete sottostante: “Adi 17 de aprile IDLVI”.

La parete di testa ritrae una grande Crocifissione con i santi Pietro e Paolo al posto di Maria e Giovanni, quasi a voler ribadire la preminenza della Chiesa cattolica e apostolica romana nei confronti degli stessi testi sacri, in polemica con il libro della Bibbia tradotto dal latino al tedesco da Martin Lutero. Ai piedi della croce compaiono i membri della fraternita vestiti di bianco e adoranti in ginocchio. La cornice sottostante ne riproduce i nomi che vengono qui sciolti: “In D[e]i nomine amen. Sia noto eccomo che questa opera l’anno f[atta] f[are]. la fraternita de la Rochociola per loro devotione. Quali sonno / qui sotto scripti. + Giacomo de Iacopo. Meneco de Lagnolo. Sepio de Bartholomeo. Marco de Giobbo. Rufino de Paulo. Luca de Nero. Cipriano de Federico. Giovanni de / Santi de Mario. Ciano de Pietro. Agnolo de Tino. Cencio de Pierangnolo. Santi de Meneco. Maccione de Pierangnolo. Meneco de Rofino. Alli 15 de novembre de 155 / Al tempo de la sedia vacante. Et frate Carobino da Montereale. e’ guardiano delloco. Laus Deo”. Sotto ancora è la data 1559 e la frase “Al tempo de la segia vacante”, a significare che l’immagine fu eseguita mentre era in corso il conclave seguito alla morte di Paolo IV Carafa che porto all’elezione di Pio IV Medici. Sulla parete a valle sono due immagini mariane: a sinistra una Madonna col bambino tra i santi Antonio Abate e Antonio di Padova, con sotto la scritta: “Questa opera la fata fare Sancti de Meneco …”; a destra una Madonna incoronata da due angeli in volo con in grembo il bambino benedicente e ai lati due erme nude che reggono col capo l’architrave e sotto un cartiglio con la scritta: “Adì 7 de ottobre A.D. M.D.LIX. / Questa hopera l[ha] f[atta] f[are] Mariocto … [et li eredi] di / Borgo  et Pietro suo nepote per lascita de dicto Borgo”.

Nella cornice sottostante è la data 1559. È stridente il contrasto tra la mediocre qualità di queste immagini e le più antiche figure presenti all’interno della chiesa, alcune delle quali dovute a pittori ben noti nell’ambiente dell’arte a livello nazionale: dal Maestro di Figline alias Giovanni di Bonino, al Maestro Espressionista di Santa Chiara alias Palmerino di Guido, a Bartolomeo Caporali, a Giovanni di Pietro detto lo Spagna. Segno evidente che benché collocato in una località appartata, il convento della Rocchicciola fu frequentato sin dalle origini da religiosi ben informati dell’aria che tirava nel campo dell’arte, mentre – parafrasando Berenson – per la locale fraternita fu chiamato a dipingere “Squalliduccio della Rocca”.

Elvio Lunghi

Parlo di storia dell’arte agli studenti stranieri di Perugia.

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