Quando, nel 1571, si dette inizio alla ricostruzione della cattedrale di San Rufino che minacciava rovina, l’architetto perugino Galeazzo Alessi optò per un radicale restyling dell’interno romanico, salvando integralmente le murature perimetrali e rimuovendo la sensibile frattura verticale tra le navate e il presbiterio posto sopra un’alta cripta, per restituire all’interno la continuità orizzontale necessaria alla riforma liturgica promossa dal concilio tridentino. Semmai fu mantenuta una distinzione tra la chiesa del popolo e la chiesa del clero, coll’addossare alle pareti delle navate le pale d’altare dipinte da Dono Doni per varie confraternite di Assisi negli anni immediatamente precedenti i crolli delle volte romaniche, e donare al presbiterio l’apparenza di un edificio a se stante, dotato di una pianta ottagonale sovrastata da una cupola. In pratica si trattava della stessa soluzione escogitata dall’Alessi per la chiesa di Santa Maria degli Angeli, con la Porziuncola sormontata da un’altissima cupola nelle sembianze di una reliquia all’interno di un reliquiario.
Per accrescere la devozione, e trovare le risorse necessarie al completamento dell’edificio, si rese necessario che anche la cattedrale assumesse le caratteristiche di un santuario, e per ottenere questo effetto il 28 ottobre 1575 il capitolo dei canonici decise di trasferirvi da diverse località della diocesi i corpi santi di Rufino d’Arce, Vitale, Facondino da Valfabbrica e Vittorino, a far da corona alle reliquie del santo vescovo Rufino poste sotto l’altare maggiore. Il progetto riuscì solo in parte. Voltata la cupola, il 19 settembre 1586 il vescovo Giovanni Battista Brugnatelli presiedette la solenne traslazione delle reliquie di san Vitale dall’eremo di Santa Maria delle Viole sul monte Subasio alla testata meridionale dell’ottagono. Il 28 settembre seguente fu la volta di san Rufino d’Arce, che fu spostato dall’omonima chiesetta nella valle di Assisi alla testata settentrionale dell’ottagono, accanto a un armadio destinato a contenere una folta collezione di reliquie entro vasi di vetro e di legno. Sopra la mensa dell’altare fu collocata la “Madonna del Pianto”, una statua in stucco che fu vista piangere sullo scorcio del XV secolo, e sulla parete soprastante fu esposta una tela con l’immagine di un chierichetto che usciva da un pozzo, appunto san Rufino d’Arce, che venne pagata a un Giovanni Maria Pelogallo nel 1573.
Sotto i vescovi Marcello Crescenzi (1591-1630) e Tegrimio Tegrimi (1630-1642) i sei lati dell’ottagono furono occupati da altrettanti altari seguendo i nuovi modelli divenuti consuetudinari sul finire del XVI secolo: altari costruiti in muratura, decorati da rilievi in stucco e ornati da quadri dipinti su tela. Fu rinnovato anche l’altare dedicato a San Rufino d’Arce, che venne decorato da una tela che ritrae i santi Girolamo e Rufino d’Arce, opera di Cesare Sermei, pittore originario di Città della Pieve ma stabilitosi per amore ad Assisi avendo sposato una donna del posto. Cesare Sermei dipinse questo quadro nel 1637 su commissione del canonico Girolamo Evangelisti, che ne fece cenno nel suo testamento rogato il 23 luglio 1637 davanti al notaio Antonio Paglioni: “et perché ancora non è finito di satisfare il Signor Cavaliere Cesare Sermei Pittore del Quadro, et dell’altare fatto alla detta Cappella non havendo pagatogli altro che venti scudi, ordina et comanda a gl’infrascritti suoi haredi, che finita che haverà detto Signor Pittore la sua manifattura et quadro paghino ad esso tutto quello, che sarà dichiarato da Mons. Illustrissimo et Reverendissimo Vescovo Padrone, con il ritratto che faranno delli frutti che si ritroveranno in tempo della sua morte, et così dice vole, et comanda che si mandi in essecutione”.
Due secoli dopo, nel 1847 i canonici riuniti in capitolo decisero di aprire quattro porte nei pilastri della cupola. Il progetto fu affidato all’architetto assisano Angelo Brizi, che nel marzo seguente propose di aprire le suddette quattro porte, demolire le orchestre laterali e costruire due altari simmetrici dedicati ai santi Vitale e Rufino d’Arce, dove esporre due grandi tavole dipinte da Dono Doni per le confraternite di San Giacomo e Antonio e di San Gregorio. Come corollario, nell’agosto 1848 i canonici decisero di vendere le tele rimosse dagli altari, ma per fortuna il quadro con i Santi Girolamo e Rufino non fu alienato e lo si può ammirare all’interno del Museo della Cattedrale.