“… in quella a man dextra [cappella di San Ludovico] gli è la sepultura del cardinale Gentile, con il suo cappello di sopra attaccato nella volta della cappella… Nella ditta invetriata a man dextra, nel ultimo quadro, gli è il retratto et efigia del cardinale, con la veste et habito del ordine minore, cioè di San Francesco. Più abasso della ditta invetriata gli sonno quattro scuti over arme a un filo, overo a un paro, con un campo giallo, overo de oro, con più monti uniti in uno, ma nella superiore gli è un arbore de olivo con li fructi. Il sopraditto cardinale fu della provincia della Marca, de una terra presso Fermo ditta Montefiore, chiamata ancor; fu il nono cardinale della religione francescana… All’incontro del ditta cappella di San Ludovico episcopo, a man sinistra, gli è la cappella dedicata a San Martino episcopo turoniensis: medesimamente la fece fare il sopraditto cardinale Gentile”.
Sono notizie che troviamo in un manoscritto risalente agli anni ’70 del Cinquecento, scritto da un frate – Ludovico da Pietralunga detto il Filosofo – che accompagnava i visitatori illustri in visita alla chiesa di Assisi. Molte cose sono cambiate da allora, però le vetrate delle cappelle di San Ludovico e di San Martino esistono ancora, cosi come esiste la splendida decorazione ad affresco dipinta da Simone Martini alle pareti della cappella di San Martino, con gli stemmi di Gentile da Montefiore e la figura del cardinale con accanto un cappello rosso ad ampie falde.
La ragione di tanta visibilità è presto spiegata. Assisi nel primo Trecento fu la vetrina della grande storia, il palcoscenico scelto a estrema dimora da ambiziosi cardinali che avevano svolto un ruolo di rilievo con i pontefici lontani dalla penisola e l’Italia dilaniata nello scontro tra Angioini e Aragonesi dopo i Vespri Siciliani. In particolare Gentile da Montefiore, frate minore nominato cardinale sotto il titolo dei Santi Silvestro e Martino ai Monti, fu artefice di un intenso sforzo diplomatico per risolvere pacificamente la successione al trono di Ungheria dopo la morte violenta di Ladislao IV avvenuta nel 1290. La consorte di Ladislao, Elisabetta di Sicilia figlia di Carlo I d’Angiò, non aveva messo al mondo figli e alla morte del consorte si era fatta suora. Il trono d’Ungheria fu allora rivendicato dalla figlia di Stefano V d’Ungheria, Maria, moglie di Carlo II d’Angiò, per il figlio primogenito Carlo Martello, e alla morte di questi per il nipote Caroberto. La contesa tra la regina di Napoli e la nobiltà magiara fu vinta dalla prima grazie all’astuzia diplomatica di Gentile da Montefiore, che aveva raggiunto nel 1307 l’Ungheria come legato papale di Clemente V: fu grazie alla sua intermediazione che Caroberto d’Angiò venne acclamato l’anno seguente re di Ungheria. Nel frattempo un altro figlio di Maria, Ludovico, si era fatto frate Minore, aprendo la successione del trono napoletano al fratello Roberto, come avverrà dopo la morte di Carlo II detto lo zoppo avvenuta nel 1309.
Terminata la missione in Ungheria, Gentile Partino da Montefiore fu incaricato da Clemente V di tornare in Italia, prendere il tesoro papale lasciato in custodia a Perugia e portarlo ad Avignone. Nel corso del viaggio, nel marzo 1312 il cardinale era ad Assisi, dove lasciò in San Francesco parte del tesoro papale, i doni ricevuti dai reali d’Ungheria e 600 fiorini d’oro destinati alla costruzione di una cappella funeraria intitolata a San Martino. Partito alla volta di Avignone, Gentile Partino fece una sosta a Siena, dove incontrò Simone Martini affidandogli il compito di decorare la cappella che stava facendo costruire, ma giunto a Lucca morirà d’improvviso, lasciando incustodito il tesoro papale che sarà quasi immediatamente trafugato. Le spoglie di Gentile saranno ricondotte ad Assisi, ma non essendo ancora ultimata la cappella di San Martino, verranno tumulate nella cappella antistante che verrà intitolata a San Ludovico in onore di Ludovico d’Angiò, fratello del re di Napoli Roberto, morto nel 1297 e canonizzato nel 1317. Nel frattempo fu condotta a termine anche la cappella di San Martino, che sarà decorata con affreschi da Simone Martini: capolavoro assoluto della pittura occidentale nel secolo di Dante. Dietro tanta bellezza s’intravede una storia d’intrighi e di violenze.