01 Dicembre 2021

Seguire i soldi: Gentile di Bernardo de Romiis

Elvio Lunghi
Seguire i soldi: Gentile di Bernardo de Romiis
Giovanni di Nicola da Bettona

Nei primi decenni dell’Ottocento Francesco Antonio Frondini, erudito locale ma legato da scambi epistolari con importanti intellettuali europei che cercavano documenti dagli archivi di Assisi divulgando notizie sulla figura storica di san Francesco e l’arte della sua città, raccolse in un quaderno di appunti notizie varie sulla chiesa di Santa Chiara e descrivendone l’aspetto annotò come “entrando in S. Chiara a sinistra quasi nel mezzo vi è una pittura rovinata, e per quanto si capisce sembra essere S. Caterina v[ergine] e m[artire] giacché ivi appresso vi è dipinta una rota e una sciabola, o pugnale, e sotto a caratteri gotici ci rimane solo: t. fieri Gentilis. Bernardi de Romiis. de Asisio a. d. M.ccc.lxxxi. ed è tutto in una riga”.

            Il dipinto esiste ancora, per quanto molto danneggiato. Lo si vede entrando in chiesa sulla parete a monte. Lo vediamo meglio dopo i restauri alla chiesa e ai suoi dipinti seguiti al terremoto del 1997. Certamente si vede molto più oggi di quanto vedeva allora Frondini e di quanto potevamo vedere noi in precedenza: con tutta la tristezza per le quattro vite perse nei crolli in San Francesco, e per le sofferenze provate da chi fu costretto a vivere all’addiaccio negli anni della ricostruzione, il terremoto del 1997 è stato una manna per Assisi, con i suoi monumenti e le sue case messe in sicurezza, con le tante opere d’arte restaurate che danno il pane a questa città. Fu restaurato anche questo affresco nella navata di Santa Chiara e mi fu consentito correggere quanto di sbagliato avevo scritto nel 1984, avendo in mente quanto aveva scritto Frondini, indicandovi una “Madonna della Misericordia, Santa Caterina d’Alessandria e un Crocifisso secondo l’iconografia del Volto Santo di Lucca”. E invece, dopo i restauri seguiti al terremoto, il personaggio che Frondini aveva scambiato per una santa Caterina con in mano “una sciabola, o pugnale”, nel 2012 potevo scrivere che per “avere in mano un martello da maniscalco e una zampa di cavallo” lo si poteva riconoscere in un “sant’Eligio – o sant’Alò – di Noyon, un umile orafo vissuto in Francia nel VII secolo, che ricoprì importanti incarichi diplomatici alla corte dei re Merovingi e diventò vescovo di Tournai e Noyon. Fu invocato come patrono dagli orafi e dai maniscalchi”.

Giovanni di Nicola da Bettona

            Dunque una “Madonna della Misericordia, sant’Eligio e il Volto Santo di Lucca”: c’è chi non sbaglia mai, io sbaglio e se me ne accorgo non mi vergogno a correggermi. Nel muro sono disposti in fila tre soggetti devozionali: una Madonna della Misericordia che accoglie numerosi fedeli divisi tra maschi e femmine sotto il mantello foderato di pelliccia. A destra della Madonna – la nostra sinistra – c’era un’altra figura, ma non se ne vede che un frammento: fosse stata questa la santa Caterina della quale scrisse Frondini? Segue una figura riccamente vestita che tiene in mano un martello e una zampa di cavallo: sant’Eligio di Noyon. Infine un Crocifisso tunicato sopra un altare e con un calice sotto il piede destro, secondo l’iconografia del Volto Santo di Lucca: immagine che trovò una notevole diffusione anche nelle chiese dell’Umbria sul finire del Trecento, come dimostrò don Mario Sensi in uno dei suoi numerossimi studi.

            È facile riconoscere il pittore perché se ne trovano le caratteristiche in altre chiese di Assisi, in particolare in una Madonna della Misericordia nella chiesa di Santa Maria Maggiore che io vorrei fosse opera di un Giovanni di Nicola da Bettona documentato a Assisi tra il 1363 e il 1414: magari mi sbaglio ancora. È questa una tipica iconografia profilattica, anzi l’immagine antipeste per eccellenza, ma la presenza in Santa Chiara accanto a sant’Eligio patrono degli orafi e dei maniscalchi, e in Santa Maria Maggiore accanto a san Biagio protettore delle malattie alla gola ma anche patrono dei cardalana, fa pensare ai due dipinti come a immagini antipeste commissionate da associazioni di mestiere: in Santa Chiara dai maniscalchi, in Santa Maria Maggiore dai cardalana. Negli stessi anni a Firenze le varie associazioni di arti e mestiere commissionarono statue dei loro santi patroni per i pilastri esterni di Orsammichele.

            Di Gentile di Bernardo de Romiis non ho trovato notizie nella Documentazione di vita assisana di Cesare Cenci. Verosimilmente doveva essere un maniscalco, che magari aveva la sua bottega in Borgo Aretino nei pressi dell’ingresso in città da Porta Nuova. Nel libro di Cenci compaiono numerose notizie su maniscalchi associati in imprese commerciali. Quando si andava a cavallo occorreva cambiare ferri alle cavalcature quando erano consumati, a questo servivano i maniscalchi. Ora che andiamo in automobile, a ogni cambio di stagione andiamo da un gommista e cambiamo i pneumatici: il mestiere è lo stesso, cambia solo il materiale: gomma al posto del ferro.

Elvio Lunghi

Parlo di storia dell’arte agli studenti stranieri di Perugia.

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