15 Febbraio 2023

Seguire i soldi: Dono Doni e Vincenzo Giorgetti nella confraternita di San Francesco

Elvio Lunghi
Seguire i soldi: Dono Doni e Vincenzo Giorgetti nella confraternita di San Francesco

Visto da piazzetta Garibaldi, l’oratorio di San Leonardo ha la porta d’ingresso dominata da una nicchia decorata con storie del Perdono, accanto a una parete decorata in terretta verde con le opere della misericordia che gli affiliati della confraternita di San Francesco si proponevano di assolvere. Chi e quando abbia dipinto questi affreschi non si sa, ma possiamo immaginare che siano di un pittore folignate attivo intorno alla metà del ‘400, forse identificabile in Pietro di Giovanni Mazzaforte. Entrando in chiesa vedremo una Crocifissione dietro l’altare e alcune figure isolate di santi alle pareti; anche di questi dipinti s’ignorano tempi e autore, ma sono stati attribuiti a Giovanni di Corraduccio detto Mazzaforte, padre di Pietro e uno dei più significativi pittori folignati di cultura neogiottesca. Il resto della decorazione medievale fu ricoperto nel XIX secolo da tempere a imitazione degli affreschi romanici della basilica inferiore di San Francesco. Completamente differente è la situazione visibile nel retrostante salone, dove i confratelli si riunivano per i loro capitoli o per le loro mangiate, che ha la volta decorata da una modestissima storia del Perdono firmata in basso da un Giuseppe Gisleri da Bergamo nell’anno 1598, e le lunette perimetrali per la gran parte decorate da differenti pittori negli anni che vanno dal 1597 al 1602, tutte identificate dagli stemmi, dai nomi e dai ritratti dei committenti, ma nessuna riconducibile a un pittore preciso. All’età tridentina risale anche una Crocifissione tra i santi Francesco e Chiara posta all’interno di una nicchia sul lato corto della sala, dove si legge la data 1583. Questo affresco è un vero rebus, a causa di un vistoso attacco delle giornate di stesura degli intonaci, e per le discordanze stilistiche tra la parte centrale con la figura del Cristo e le due ali laterali con i santi Francesco e Chiara. Il Crocifisso è pressoché identico alla maniera di Dono Doni, il più importante pittore di Assisi del XVI secolo; i due santi laterali sono del pittore che completò il lavoro nel 1583, qualche tempo dopo la morte di Doni avvenuta nel 1575. L’incongruenza può essere spiegata grazie alle uscite di denaro registrate in un libro dei conti della confraternita. In un mese imprecisato nell’anno 1568 furono spesi due baiocchi “per doi some de rena per fare pengnere el crocifisso”. Era la rena mescolata alla calce per rivestire d’intonaco una parete con una immagine del Crocifisso; non essendo presenti all’interno dell’edificio altre immagini della passione che risalgano alla metà del ‘500, il Crocifisso al quale si stava lavorando nel 1568 non può che questo. Il 2 maggio 1583, stesso anno dipinto sotto la nicchia, fu registrata un’uscita di quattro fiorini in favore di Vincenzo Giorgetti, per aver “pentto le figure della nostra fraternita, che fu el patto el preiore di fare uno santo francescho e una santa chiara”. Vincenzo Giorgetti, padre del pittore Giacomo, era ancora in vita nel 1641, ma non se ne conosce opera firmata o documentata, da qui l’interesse ricoperto da questo dipinto per ricostruirne la carriera. Apparentemente il nome di Dono Doni è giustificato dal solo confronto con altre Crocifissioni ad affresco di anni non lontani, come quella nel cenacolo del convento della Porziuncola, o i Crocifissi in Santo Stefano e in Santa Maria Maggiore. Se non fosse che Doni risulta affiliato alla confraternita di San Francesco sin dal dicembre 1540, e negli anni successivi ricoprirà più volte la carica di priore. In particolare risulterà priore nel marzo 1567, per cui è plausibile che in quella circostanza si sia offerto, o gli abbiano chiesto, di dipingere l’immagine del Crocifisso nel salone della confraternita, ma che per una qualche ragione non abbia poi completato il lavoro. Doni fu ancora priore della confraternita nel biennio 1572-1573, poco prima di morire nell’agosto 1575, quando il 26 agosto il libro dei conti della confraternita  registrerà un’uscita di otto bolognini in favore di un “Pavolo di m° Pietro per aver guardato m° Dono”, cioè per averne vegliato il corpo nel mortorio, magari davanti alla Crocifissione nella chiesa della confraternita, o davanti all’immagine del Crocifisso lasciata incompiuta dal pittore. Mezzo secolo prima il feretro di Raffaello era stato vegliato davanti al quadro con la Trasfigurazione, la sua ultima opera che per essere morto non aveva potuto completare

Elvio Lunghi

Parlo di storia dell’arte agli studenti stranieri di Perugia.

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