Ci sono ancora profeti ai nostri giorni? Ci sono e Assisi nel XX secolo ha conosciuto don Giovanni Rossi, che fondò nel 1940 la Pro Civitate Christiana. Ci sono, purché rispettino la regola evangelica “nemo propheta in patria”. Nessuno è profeta a casa sua, dove conoscono tuo padre e tua madre, i tuoi fratelli e le tue sorelle (Mt 13, 57). Ma don Giovanni Rossi era nato nel 1887 a Parigi, figlio di emigranti lombardi. Tornato con la madre in Italia alla morte del padre, entrò per farsi prete in seminario, studiò teologia a Milano e diventato sacerdote fu chiamato dal cardinale Andrea Carlo Ferrari per essere suo segretario nella diocesi più grande e più ricca d’Italia. Qui don Giovanni ebbe sempre a che fare con i soldi, seguendo la regola aurea “senza lilleri non si lallera”, crescendo o precipitevolissimevolmente cadendo a seconda di quanti soldi si trovò ad avere in tasca. Per carità! “Non nobis Domine, non nobis, sed nomini tuo da gloriam”. Non per me Signore, ma al nome tuo dà gloria”. A don Giovanni riuscì di richiamare tanti soldi da rivoli diversi, per riunirli in un sol fiume e realizzare il sogno che di volta in volta si trovò nel cassetto. Prima a Milano e poi ad Assisi. A Milano dietro a fianco e persino davanti il suo cardinal Ferrari, per dare inizio all’Università Cattolica del Sacro Cuore e alla Compagnia di San Paolo, un nuovo soggetto associativo sorto nel 1920 tra clero e laici impegnati nella diffusione della fede cristiana, in nemmeno tanto singolare anticipo sulla Chiesa uscita dal Concilio Vaticano II, perché don Giovanni fu amico in gioventù di don Angelo Roncalli, prima vicario del vescovo di Bergamo e poi papa Giovanni XXIII che aprì le porte al Concilio nell’ottobre 1962. Nel 1930 la Compagnia di San Paolo cadde miseramente perché fallì la società anonima che la sosteneva. Don Giovanni si trovò a seguire le orme di Cristo altrove, e fu così che approdò nel settembre 1939 ad Assisi alla corte del vescovo Giuseppe Placido Nicolini, che lo spronò a dar corso a una sua “Pro Civitate Christiana”, col dargli in uso la chiesa della confraternita di San Francesco e alcuni locali attigui, dove don Giovanni avviò il primo corso di studi cristiani e ne dette voce stampando prima una e poi un’altra rivista, Rocca e Il Regno che esistono ancora. E poi? Poi ebbe un sogno, costruire una “cittadella cristiana” sede di questa “Pro Civitate Christiana”, una Civitas Dei, un piccolo regno in terra in attesa del Regno celeste. Il sogno cominciò ad avverarsi nel 1951 grazie al sostegno economico e organizzativo di Furio Cicogna, imprenditore tessile lombardo poi diventato presidente dell’Associazione Industriali italiani, che in seguito a una visita ad Assisi si addossò il costo dell’intera operazione – “Voi pensate a predicare e a lavorare, io penserò alla Cittadella” – costruendo sopra precedenti casalini medievali, in un angolo della città che era stata oggetto nel 1316 di un ampliamento urbanistico nel rione di Porta San Pietro, una serie di architetture moderne miracolosamente integrate con l’edilizia della città medievale: l’anfiteatro (1952), la cappellina (1957) e i giardini pensili disegnati da Giuseppina Ciampani; l’Osservatorio Cristiano (1960), il refettorio e i servizi disegnati da Giovanni Astengo (1962-1966). Salvo poi ritirarsi bruscamente quando la ‘Cittadella’ sposò nel ‘68 la causa della sinistra. In questi spazi troveranno posto una biblioteca specializzata, una fototeca sulla figura del Cristo nella storia e nelle arti, una Galleria d’Arte Sacra contemporanea con una raccolta di dipinti e sculture appositamente commissionate sul tema del Cristo divino lavoratore, ma soprattutto spazi destinati all’ascolto e all’accoglienza dei frequentatori dei corsi di studi cristiani che si succederanno senza interruzioni prima e dopo la morte di don Giovanni avvenuta il 27 ottobre 1975. Tra i più alti risultati di questa utopia cristiana del XX secolo va segnalata l’ispirazione che ne ricavò Pier Paolo Pasolini, nel corso di un suo soggiorno nel 1962 alla Cittadella, per il suo film Il Vangelo secondo Matteo, poi girato nel 1964, decisamente il più bel film che sia mai stato fatto sulla vita di Cristo. Non fosse altro che per questa ragione, dovremo essere sempre grati a don Giovanni Rossi per aver sposato il vero e il bello nell’orizzonte della nostra città.