16 Giugno 2021

Seguire i soldi: Corrado da Offida

Elvio Lunghi
Seguire i soldi: Corrado da Offida

Nel 1961 uscì nella rivista Paragone un articolo di Giovanni Previtali intitolato Una tavola del Maestro del Farneto a San Damiano, che pubblicava un dipinto antico conservato in San Damiano di Assisi che ritraeva una Madonna in trono col bambino benedicente e ai piedi il ritratto di un donatore in preghiera, vestito da frate francescano e con accanto la scritta “f[rate]r coradus”. Previtali identificò il donatore in fra Corrado da Offida, esponente moderato della fazione degli Spirituali, morto nel 1306 mentre predicava all’Isola che poi prese il nome di Bastia. Di conseguenza datò la tavola tra il 1296 e il 1306: tra vita e arte, dopo le storie della vita di san Francesco nella chiesa di Assisi – il modello che vi è seguito – e prima della morte di fra Corrado.  

           Indipendentemente dallo pseudonimo col quale è noto il pittore, c’è chi lo chiama ‘Maestro del Farneto’ e chi lo chiama ‘Maestro della Croce di Gubbio’, il ritratto di Corrado da Offida ha la sua importanza, perché lega questo frate all’ingresso dei francescani in San Damiano. San Damiano ha una storia complicata, è una chiesa per la quale si sono dette tante bugie da chi ne rivendicava il possesso. Quando Francesco vi arrivò la prima volta, la trovò in rovina ma abitata da un prete, di conseguenza San Damiano apparteneva ai canonici di San Rufino. Ma quando pochi anni dopo Francesco vi sistemò Chiara alla ricerca di un nido, Chiara che non trovò requie finché non le riuscì di avere accanto a sé madre, sorelle e tutto il vicinato, ecco che Francesco la nominò badessa, e fu dunque possibile che alla sua morte le Damianite potessero rivendere la chiesa ai canonici di San Rufino, chiedendo in cambio la chiesa di San Giorgio per costruirvi la chiesa di Santa Chiara. Insomma Chiara aveva strillato fino in fondo povertà povertà, ma almeno casa l’aveva messa a nome suo: oggi neanche il reddito di cittadinanza le avrebbero dato. E invece i canonici della cattedrale, per dirlo in latinarum obtorto collo, accettarono lo scambio e si ripresero San Damiano che era già loro, cedendo San Giorgio che diventò Santa Chiara. Alessandro IV il 9 luglio 1257 li aveva minacciati rudemente di sospenderli dall’ufficio divino e di scomunicarli se non avessero dato immediata attuazione alla permuta. Ve ne dovete annà, aveva detto il signor papa in Roma.

            Partite le suore a chi passò San Damiano? Ai frati? Macché! E infatti nel 1288 San Damiano neanche compare in un diploma del vescovo Simone – un altro frate – che s’impegnava a difendere la libertà, i beni e i privilegi dei frati della sua diocesi. Fu allora che fu dipinto l’affresco che si vede nel catino absidale, con Maria tra san Rufino e san Damiano. Come a dire, Francesco e Chiara staranno in Paradiso, ma noi c’abbiamo i santi nostri in casa, scherza coi fanti e lascia stare i santi.     

            E ancora: in un testamento del 14 aprile 1300 fu segnalato un lascito di 40 soldi “pro opere” da farsi in San Damiano, ma distinto da altri lasciti per i frati dei luoghi di San Francesco, la Porziuncola, l’Isola, Santa Maria della Rocchicciola. Idem in un altro testamento dell’agosto 1303. Finalmente nell’agosto 1309 il Comune di Assisi accordò un’elemosina di 30 lire ai conventi di San Damiano, Santa Maria della Rocchicciola e dell’Isola. Era fatta, i frati erano entrati in San Damiano dove ci stanno ancora benché in affitto: la chiesa è di un inglese. Cosa era successo?

            La risposta è Corrado da Offida e lo prova un minuscolo fratino identificato dal nome ai piedi dell’immagine della Madonna. Il frate prega, Corrado fu un frate di santa vita che si portò appresso i racconti su san Francesco uditi dalla voce di fra Leone. I bastioli lo venerarono come se fosse un santo, finché i perugini non se lo portarono via nel 1320 per non essergli riuscito di rubare il corpo di san Francesco ai frati di Assisi. Si accontentarono della seconda scelta e fu allora che per ripicca neanche una tomba tutta sua gli dettero, lo misero in San Bernardino di Perugia nella stessa tomba del beato Egidio. Tanti conventi in vita, da morto gnente. Ma Egidio di Assisi era un tipo allegro e chiusi in quella cassa chissà quante risate avranno fatto.

Elvio Lunghi

Parlo di storia dell’arte agli studenti stranieri di Perugia.

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