22 Settembre 2021

Seguire i soldi: Budapest o Napoli?

Elvio Lunghi
Seguire i soldi: Budapest o Napoli?
Simone Martini, Assisi, Basilica di San Francesco

Ci sono soldi che non si sa da dove vengano, ma “a pensar male – era solito dire un ingombrante scrittore romano prestato alla politica di nome Giulio- si fa peccato ma ci si azzecca”. Non ci sono nomi, né date e soprattuto insegne araldiche sopra durante o sotto il gruppo di figure che si affacciano da un angolo del transetto rivolto verso l’altare di San Francesco, dove era un tempo l’altare di Santa Elisabetta di Ungheria e dove ora santa Elisabetta sta in mezzo a un gruppo di santi dalle teste coronate, con san Francesco che guarda da sinistra questi personaggi in ghingheri come dovesse fare una foto d’insieme: sorridete, cheese!!!!
            Un tempo gli attori dovevano essere a tutti noti. Poi il tempo e mani dispettose hanno grattato nomi e date, ma qualcosa è rimasto nel ricordo degli scrittori antichi, e è da questi ricordi che è partita la caccia al pittore che dipinse questi volti aristocratici. Così per primo Giorgio Vasari, nella seconda edizione delle Vite, scrivendo del pittore senese Lippo Memmi, cognato di Simone Martini, disse che “finì similmente in Ascesi, nella chiesa di sotto di San Francesco, alcune figure che aveva cominciato Simone all’altare di Santa Lisabetta, il quale è all’entrar della porta che va nelle cappelle; facendovi la Nostra Donna, un san Ludovico re di Francia, ed altri Santi; che sono in tutto otto figure, insino alle ginocchia, ma buone e molto ben colorite”.
            I nomi dei santi erano un tempo identificati da un’iscrizione presente frammentaria nella cornice sottostante. Tre personaggi sono chiaramente identificati dal loro aspetto e dagli indumenti che indossano. La fila si apre a sinistra con san Francesco di Assisi, in saio e con le stimmate in grande evidenza. Accanto è san Ludovico d’Angiò, con mitra e pastorale vescovili, il saio portato sotto il manto, mentre schiaccia sulla balconata una corona a rovescio. Segue per terza una santa regina, con una corona d’oro in capo, un abito prezioso ricamato in oro e una corda portata al collo, per la quale viene speso il nome di Elisabetta di Ungheria ricavandolo dalla dedicazione dell’altare. La quarta figura è una donna che veste un manto portato sopra una semplicissima tunica, entrambi privi di ornamenti, un velo bianco in testa e una crocetta in mano, che la identificano per una penitente; sul fondo azzurro sopra il capo è inciso il profilo di un diadema. Il quinto e ultimo è un uomo in abiti laicali, con un giglio fiorito in mano e un diadema inciso nel cielo sopra il capo. Né l’una né l’altro sono chiaramente identificabili. La prima è stata a lungo scambiata per santa Chiara di Assisi, ma che non sia Chiara lo prova l’abito da clarissa che non indossa- non ha né velo nero né soggolo – e soprattutto la crocetta che stringe al posto di un giglio. C’è chi ha proposto di riconoscervi la beata Margherita di Ungheria, figlia di Bèla IV di Ungheria e nipote di santa Elisabetta, e chi la beata Agnese di Boemia, figlia del re Ottocaro di Boemia e di Costanza di Ungheria, per la quale l’attributo della croce è forse la prova più sensibile. Per il secondo Luciano Bellosi ha proposto la verosimile identificazione in sant’Enrico di Ungheria, figlio di santo Stefano, primo re cristiano della dinastia degli Arpád, in altri dipinti ritratto con un giglio in mano.
            Nello specchio dorato sopra l’altare, la Madonna col Bambino figura tra due personaggi dal capo coronato e con lo scettro, l’uno barbato e l’altro no. E qui i nomi proposti sono i più vari, ma tutti hanno a che fare con la dinastia degli Arpád d’Ungheria o con quella degli Angioini di Napoli, le cui sorti s’intrecciarono in seguito alle nozze di Carlo II d’Angiò con Maria di Ungheria, figlia di re Stefano V.  C’è chi ha proposto due reali Angioini, Roberto d’Angiò re di Napoli e Caroberto d’Angio re d’Ungheria; e c’è chi ha proposto due santi ungheresi, Ladislao e Elisabetta. Nel 1996 pubblicai una foto d’insieme dell’affresco e suggerii nei personaggi due nomi ungheresi: a sinistra Stefano I, a destra Ladislao.

Simone Martini, Assisi, Basilica di San Francesco


            Insomma una gran confusione. La sola certezza è l’allegra compagnia tra la casa d’Angiò e quella degli Arpád, che trovò pace con la missione diplomatica a Budapest del cardinale Gentile Partino da Montefiore come legato di Clemente V. Non che abbia pagato lui il dipinto: semmai i soldi vennero o da Budapest o da Napoli, ma sempre da tasche di monarchi di stirpe Angioina.

Elvio Lunghi

Parlo di storia dell’arte agli studenti stranieri di Perugia.

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