24 Maggio 2023

Latronico, 25 aprile 2023

Redazione Assisi Mia
Latronico, 25 aprile 2023

Vittorio Rinaldi da Assisi, Secondo Boschetti da Rovereto, Giulio Bosic dall’Istria, Rolando Nannicini da Prato, Vincenzo Torrio da Potenza… Sono i nomi che ascoltavamo nei racconti da mia nonna, Elvira Conte, e dalle figlie, Antonietta, Clementina ed Egidia Del Vecchio.

Erano gli “internati”: così distinguevano gli ospiti del confino forzato dagli altri avventori della taverna che gestivano i miei familiari in Latronico, da dove scrivo in questo momento.

Questi ospiti “speciali” alloggiavano in due stanze al primo piano della casa di famiglia, nella centrale Via Roma. In una delle due stanze vi era un balcone, che affacciava nel vicolo Alfieri, dove alle ore 8 di ogni sera i Carabinieri suonavano una campanella legata con una corda. Gli “internati” si affacciavano, rispondevano all’appello e da quell’ora cominciava per loro il coprifuoco, cioè non potevano più uscire.

Sono passati molti ospiti dalla taverna, ma il flebile ricordo si è tramandato solo per quei pochi che ho elencato. Tutti gli altri erano documentati in un registro, che fu nascosto dopo l’8 settembre 1943. I miei nonni avevano capito che quella lista poteva essere una guida per rintracciare nomi e collegamenti da utilizzare per incriminare i loro ospiti: perché di questo si trattava, ospiti, amici, da accudire, da cui apprendere modi, culture, idee di libertà il cui accesso allora era negato e contrastato dalla propaganda del regime. Quel registro fu nascosto cosi bene che non fu mai più ritrovato, ahimè!

Vittorio Rinaldi era raccontato e ricordato per i suoi modi raffinati e gentili. Piuttosto taciturno, comprensibilmente aggiungerei, dai modi sobri, insomma uno che soffriva con dignità. Non parlava di politica, differentemente dagli altri che si sbilanciavano addirittura a intonare “bandiera rossa” dopo il coprifuoco delle ore 8.  “Un bel giovane” dicevano le mie zie e mia madre, all’epoca poco più che ragazzine. “Aveva le scarpe sempre ben lucidate”, aggiungevano.

 “Utilizzava i sughi pronti”: una singolarità che ai loro occhi appariva come una vera stravaganza, in un epoca assai poco tecnologizzata. Ma dove trovare un prodotto così strano per l’epoca e per le nostre zone? Ebbene, un negoziante si impegnò e lo accontentò in questa bizzarra richiesta. Si chiamava Donato Basile, e tra loro si instaurò un cordiale rapporto tanto è vero che Vittorio lo aiutava in bottega arrotondando qualcosa. Probabilmente questo alleggerì anche la pesante condizione del confino.

La permanenza a Latronico fu breve e purtroppo a noi non sono pervenuti altri ricordi.

Abbiamo fatto passare colpevolmente troppo tempo.

Luca Pompeo Conte  

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