12 Maggio 2021

Il Piave mormorava …

Elvio Lunghi
Il Piave mormorava …

La conclusione della rapida visita di Simone Weil ad Assisi è dedicata a una nota di colore prontamente segnalata nella lettera al giovane amico Jean Posternak. Nel visitare la città del Poverello – Forza! Piangiamoci addosso, daje – Simone trovò la città piena di manifesti che inneggiavano con toni trionfalistici all’anniversario dell’ingresso dell’Italia in guerra: “In quello stesso giorno, Assisi era piena di manifesti per la celebrazione dell’anniversario dell’entrata in guerra dell’Italia; vi si parlava del «giorno in cui per la prima volta, dopo un lungo periodo di materialismo, lo spirito ha trionfato sulla materia … del giorno festa dei vecchi e nuovi combattenti …»”. La lettera non porta date, ma dalla lettura della minuziosa biografia di Simon Pétrement sappiamo che Simone Weil lasciò Parigi per l’Italia il 23 aprile 1937 e il 16 giugno era nella via del ritorno. La tappa per Assisi deve essersi svolta all’interno della terza decade del mese di maggio e l’anniversario di cui si parla non può essere altri che l’apertura dei fuochi contro l’Austria il 24 maggio 1915. Noi meno giovani e quasi vecchi dovremmo avere tutti un ricordo scolastico di quando nei banchi delle elementari ci facevano cantare quella canzoncina del Piave che assisté il 24 maggio a un movimento di truppe contro un fantomatico nemico che passava sul confine orientale del sacro suolo patrio: “Il Piave mormorava calmo e placido, al passaggio dei primi fanti il ventiquattro maggio. L’esercito marciava per raggiunger la frontiera per far contro il nemico una barriera …”. La canzone è di questo che parla. Fino al giorno prima eravamo alleati che più non si può con austriaci e tedeschi. Come questi presero a sparare contro francesi inglesi e russi, noi cosa facciamo? Siamo neutrali, vogliamo vedere l’aria che tira. E come tira in favore di Francia e Regno Unito con chi volete che stringiamo i patti? Naturalmente con i vincitori in pectore, furbi noi italiani. Re Pippetto il 23 scrive al collega Cecco Peppe che non ci sta più e il giorno dopo cominciamo a sparargli contro, facile no? Non è la prima volta e non sarà l’ultima. Basta poi scrivere sui muri che lo spirito ha trionfato sulla materia. Abbiamo tutti letto a scuola la morale di Machiavelli al suo principe ideale: “Ti devi arrangiare, dì loro che c’è una ragione di Stato”. L’arte di arrangiarci è il nostro forte. Guardo sorridendo la mia sposa tedesca e chissà se lei si fida, chissà se mi posso fidare starà a pensare mentre escendo di casa per lavoro mi mette in mano la lista della spesa. Simone non è una sciocca e nella sua lettera annota rapida: “Ho concluso che, a rigore di stretta logica, il giovane francescano, S. Francesco e il torrente dovevano essere messi in prigione”. Pensa a quando fuori piove e viene giù acqua a catinelle per il disgraziato ingresso in guerra contro l’Austria. A giudicare di quanti sassi ha trascinato a valle il fosso delle Carceri dovremmo avere una disgrazia al giorno, e invece il frate stà lì a dire che tutta l’acqua va a finire al Piave. E chiosa: “Niente da fare! Non avranno con loro S. Francesco e nemmeno Toscanini!”. Arturo Toscanini che non ci stà, che si mette in auto esilio in dispregio al Fascismo. Ma almeno Toscanini dalla sua ha la forza della musica per far polemica contro Mussolini e Hitler, che adesso anche questa turista parigina vorrebbe farci la morale? Forse perché nel confine occidentale del sacro suolo non c’era un fiume Piave a separarci dai francesi? Comunque un po’ d’ironia non guasta, Francesco era un santo che sapeva ridere, non stava tutto il giorno a piangersi addosso, e se un frate gridava ho fame era il primo a dire è ora di merenda, ti faccio compagnia anch’io. E allora “Libiamo, libiamo ne’ lieti calici, che la bellezza infiora; e la fuggevol’ora s’inebrii a voluttà. Libian de’ dolci fremiti che suscita l’amore, poiché quell’occhio al core onnipossente va”. Come i primi frati Minori in missione oltremanica, che andavano a dormire a pane e birra. Del resto Simone era venuta in Italia per questa esclusiva ragione, perché noi siamo il paese del belcantismo e dell’operetta, Verdi e pasciasciutta, e tarallucci e vino: austriaci e Cecco Peppe ve ne dovete fare una ragione! Magari i genitori speravano che di passaggio alla Stranieri di Perugia un ganzo in Italia Simone finisse poi per trovarlo, che non stesse lì a discutere di politica come nei bistrò di Parigi, o a sparare addosso ai miliziani in Spagna, ma che magari suonasse la chitarra e le facesse gli occhi dolci. La lettera ne fa cenno le righe seguenti, solo che il ganzo era di Fiesole, faceva il muratore e la domenica abbordava le turiste cantando canzoni con la cupola del Brunelleschi sullo sfondo. Alla prossima puntata.

Elvio Lunghi

Insegnante pensionato non ha perso il vizio di raccontare storie

Seguici

www.assisimia.it si avvale dell'utilizzo di alcuni cookie per offrirti un'esperienza di navigazione migliore se vuoi saperne di più clicca qui [cliccando fuori da questo banner acconsenti all'uso dei cookie]