Voi si, padrone, ma io chissà!
Secoli di sfruttamento dei mezzadri (nelle campagne) e dei garzoni (nelle botteghe di città), hanno reso un intero popolo geneticamente diffidente e ansioso di capire dove potrebbe risiedere il puntuale inganno. I padroni hanno sempre rubato grano, galline e ore lavoro interpretando liberamente contratti o accordi, con significati stirati a proprio comodo e giustizia fatta in casa. Nel veder accrescersi solo le fortune altrui, nonostante i sacrifici e le privazioni, forte era la sensazione di essere stati ingannati, più difficile discernere come e dove. Il sospetto, figlio di una ingiustizia sociale, è presto dilagato in ogni pensiero semplice e in tutte le esperienze relazionali. Quando di fronte a carestie, crisi e malattie si cercava di racconsolare gli sventurati di turno con la certezza che: “Tanto fino alla morte c’arrivamo vivi”, gli ultimi, e non solo gli ultimi, anche di ciò hanno sempre dubitato rispondendo: “Voi si, padrone, ma io chissà”. Parole sante. In assenza di morale, subdola può sopraggiungere la morte civile anche prima dell’ultimo respiro, e quel “voi” ci richiama una data, o quanto meno un “ventennio”, in cui ai più sembrò normale.